Manovra 2025, il governo studia le misure: assegno unico figli può cambiare, confermato taglio del cuneo fiscale, via Opzione Donna e Ape Sociale

In vista della Legge di Bilancio 2025, il governo Meloni sta delineando le sue priorità, concentrandosi su tre pilastri fondamentali: famiglia, pensioni e fisco.
Nonostante le recenti speculazioni mediatiche, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero del Lavoro hanno categoricamente smentito qualsiasi ipotesi di depotenziamento dell’assegno unico per le famiglie.
La ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, ha respinto con fermezza le voci circolate, definendole “fantasiose e senza alcun fondamento”. Il governo, che ha fatto delle politiche familiari una priorità per contrastare il declino demografico, non solo non intende indebolire l’assegno unico introdotto nel marzo 2022, ma sta lavorando per potenziarlo e difenderlo in sede europea.
L’assegno unico, che attualmente interessa oltre 6 milioni di famiglie per un totale di circa 9,5 milioni di figli under 21 (senza limiti di età per i disabili), è al centro di una querelle con l’Unione Europea. Bruxelles considera la misura di natura assistenziale, chiedendo la rimozione dei requisiti di residenza biennale o di contratto di lavoro. Il governo italiano, invece, difende la natura demografica dell’intervento, temendo che un allargamento indiscriminato della platea dei beneficiari possa rendere la misura insostenibile per le casse dello Stato.
Parallelamente, l’esecutivo sta lavorando a dei correttivi per risolvere una distorsione nella normativa originaria: l’assegno, concorrendo all’ISEE, aumenta il reddito delle famiglie numerose, penalizzandole nell’accesso ad altri strumenti di sostegno al reddito. Un tavolo ad hoc sull’ISEE è stato istituito per affrontare questa problematica.
Sul fronte fiscale, il governo punta a confermare il taglio del cuneo fiscale per 14 milioni di lavoratori e l’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF. Inoltre, compatibilmente con le risorse disponibili, si sta valutando un alleggerimento del carico fiscale per il ceto medio, che finora non ha beneficiato né del taglio del costo del lavoro, né della semplificazione IRPEF. L’ipotesi allo studio prevede una riduzione dell’aliquota intermedia dal 35% al 33% e un innalzamento da 50.000 a 60.000 euro del limite di reddito per il secondo scaglione. Questa manovra potrebbe portare benefici a circa 8 milioni di contribuenti, con un costo stimato intorno ai 4 miliardi di euro.
Per quanto riguarda le pensioni, è in programma un incontro tra i tecnici del MEF, del Ministero del Lavoro e dell’INPS per valutare possibili modifiche a Quota 103. Si sta considerando un prolungamento delle finestre di uscita da 3 a 6-7 mesi per i lavoratori che optano per l’anticipo pensionistico con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica. Verso l’addio a Opzione Donna e Ape Sociale.
Il governo Meloni si trova di fronte alla sfida di mantenere le promesse elettorali in materia di sostegno alle famiglie e riduzione della pressione fiscale, pur dovendo fare i conti con le limitate risorse a disposizione e le pressioni provenienti dall’Unione Europea.