Manovra 2025, i sindacati bocciano le misure per la scuola: pochi soldi per gli stipendi e problemi agli organici irrisolti

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La legge di bilancio appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale non lascia soddisfatti i sindacati della scuola: per l’istruzione ci sono diverse misure ma non sarebbero sufficienti secondo le organizzazioni sindacali.

Tra le misure più rilevanti previste dalla manovra, c’è lo stanziamento di 75 milioni di euro a partire dall’anno scolastico 2025/2026 per la stabilizzazione dei docenti di sostegno. Si prevede un investimento complessivo di 25 milioni di euro.

Potenziato l’organico degli uffici scolastici regionali, che è stato aumentato con 101 nuove unità, semplificando procedure come la gestione degli appalti per le gite scolastiche.

Inoltre, viene rinviato al 2026-2027 il taglio di 2.100 posti di personale ATA.

Altro grande capitolo che riguarda l’istruzione sono i fondi per il rinnovo contrattuale. La Legge di Bilancio prevede un incremento salariale del 6% per il contratto collettivo relativo al triennio 2022-2024. Inoltre vengono destinate risorse per il successivo rinnovo contrattuale 2025-2027. Questo garantirà un aumento retributivo complessivo del 5,4%.

In aggiunta agli aumenti effetti si registra il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 40 mila euro lordi, che porterà un ulteriore incremento in busta paga per il personale scolastico, stimato tra il 6% e il 7%.

Complessivamente per finanziare il rinnovo dei contratti pubblici, il Governo ha stanziato 1.775 milioni di euro per il 2025, 3.550 milioni per il 2026 e 5.550 milioni per il 2027.

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I sindacati bocciano la manovra

Le organizzazioni sindacali non trovano grande soddisfazione nelle misure previste dalla manovra 2025, considerandole insufficienti per intervenire sul capitolo istruzione.

Dura la posizione della Flc Cgil, che parla piuttosto di tagli. Dal suo punto di vista, il sindacato osserva che per il “Contratto istruzione e ricerca 2022-2024 – che è già in scadenza – non c’è nulla di nuovo, salvo un misero incremento dello 0,22% destinato al salario accessorio (circa 5 euro mensili!), che si aggiunge a quanto stanziato dalle precedenti finanziarie, per un aumento complessivo in termini percentuali del 6% (circa 140 euro medi mensili lordi)“.

Una cifra del tutto inadeguata – spiega la sigla sindacale guidata da Gianna Fracassi – poiché l’inflazione relativa al triennio contrattuale 2022-2024 è tre volte maggiore (quasi al 18%). Di fatto al personale di scuola, università, ricerca e Afam si impone una perdita retributiva pari a 2/3 circa dell’inflazione, impoverendo così ulteriormente una categoria già in forte sofferenza economica e, non a caso, tra le meno pagate in Europa”.

Il taglio agli stipendi di docenti, ricercatori, personale tecnico, amministrativo, ausiliario in virtù del mancato finanziamento per adeguare gli stipendi al tasso di inflazione, i tagli agli organici e le riduzioni di risorse per università ricerca e Afam consentono alle finanze pubbliche di risparmiare ben oltre 5 miliardi di euro, un significativo bottino di cui ha potuto disporre il Governo per interventi in legge di bilancio come l’aumento delle spese militari o come i contributi a favore delle scuole paritarie private e le altre “mancette” distribuite a lobby e consorterie“, prosegue la Flc Cgil, che conclude: “è evidente che per questo Governo ben altre sono le priorità, non certo la scuola statale, l’università, la ricerca o l’alta formazione artistica e musicale“.

Più moderata ma pur sempre critica la posizione della Cisl Scuola, che con la segretaria generale Ivana Barbacci spiega le perplessità. Il sindacato ritiene infatti insufficienti le misure previste per le assunzioni, in particolare sul sostegno, dove si attendono interventi più significativi rispetto alle circa 2.000 unità previste. “Andare avanti per piccoli passi non basta”, afferma Barbacci, ribadendo l’urgenza di rilanciare la scuola con investimenti adeguati. La priorità, conclude il segretario generale, “è avviare rapidamente la trattativa per il contratto 2022-2024 e successivamente per il triennio 2025-2027, al fine di recuperare il ritardo salariale accumulato negli anni dal personale scolastico, duramente colpito dall’inflazione”.

La Legge di bilancio 2025 non risponde alle esigenze di docenti e personale ATA, lasciando irrisolte le questioni della stabilità e degli stipendi. Si tratta della posizione espressa dalla Uil Scuola Rua.

Se il taglio dei posti ATA è stato rinviato al 2026, la manovra prevede una riduzione di 5.660 cattedre per i docenti nel 2025/26, spiega l’organizzazione guidata da Giuseppe D’Aprile.

Sul fronte retributivo, le misure sono giudicate inadeguate. Il rinnovo contrattuale 2022/24 non recupera infatti il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione, e accantonare fondi per il prossimo triennio non risolve il problema attuale. Per tale motivo la Uil Scuola Rua aveva proposto già in precedenza la detassazione degli aumenti contrattuali e l’istituzione di capitoli di spesa dedicati, ma le proposte non sono state accolte.

Infine, nota dolente anche sul precariato, con le 2.000 assunzioni sul sostegno che sarebbero una risposta minima a un problema che riguarda circa 250.000 lavoratori.

“L’incremento del 6% e il taglio del cuneo fiscale non sono sufficienti a recuperare il gap stipendiale con altre categorie del pubblico impiego”, afferma Vito Castellana, coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti.

“Un laureato nella pubblica amministrazione guadagna molto di più di un insegnante, così come un collaboratore scolastico percepisce uno stipendio inferiore rispetto a un collega che svolge le stesse mansioni in università”. Castellana critica anche la riduzione dei posti in organico di diritto per i docenti, compensata solo in parte dall’aumento dei posti per il sostegno. “Questi posti, in realtà, esistono già – sottolinea – perché ci sono migliaia di cattedre in deroga. Sarebbe stato più utile stabilizzare questi posti precari”.

Non assumendo il personale aggiuntivo Ata – spiega il presidente nazionale Anief Marcello Pacificosi mettono a serio rischio i progetti del Pnrr. Inoltre, si aumenta il precariato, perché un terzo dei posti banditi con il primo concorso PNRR per docenti ancora non è stato coperto con le nomine in ruolo, rimangono esclusi migliaia di precari vincitori idonei che hanno presentato ricorso in tribunale per la mancata pubblicazione degli elenchi graduati e un quarto dei pensionamenti non sarà coperto da nuove assunzioni in ruolo”.

Sarebbe cosa buona e giusta – continua Pacifico – che il Parlamento, attraverso il prossimo provvedimento sul PNRR, autorizzasse le risorse per la valorizzazione del sistema scolastico per riattivare nel 2025 i contratti scaduti dell’organico aggiuntivo e dell’Agenda sud e considerare che con la Commissione europea nei primi mesi del nuovo anno è prevista la verifica sullo stato di attuazione del PNRR: si potrebbero infatti in quella sede andare a contrattare gli obiettivi relativi al reclutamento dei docenti e ai trasferimenti con l’introduzione di un doppio canale per gli idonei dei concorsi 2023 e precari storici e l’abolizione dei vincoli ai trasferimenti del personale di ruolo”.

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