Mamma prende a schiaffi la figlia di 12 anni sorpresa a postare sui social foto erotiche. Assolta dalle accuse. I giudici: “Non è reato, se serve a educare”
Una madre che schiaffeggia la figlia dodicenne per aver postato foto troppo scoperte sui social e inviate a un ragazzo più grande di lei non è reato. Lo hanno stabilito i giudici della prima sezione collegiale di Roma, assolvendo la donna dall’accusa di maltrattamenti in famiglia.
La vicenda, risalente a otto anni fa, era stata riportata dal Corriere della Sera. La madre, secondo la ricostruzione, era stata spinta a punire la figlia con alcuni schiaffi dopo aver scoperto le foto incriminate.
Nel corso del processo, la ragazza, divenuta nel frattempo maggiorenne, ha ridimensionato e giustificato il comportamento della mamma, sostenendo che forse anche lei avrebbe fatto la stessa cosa se si fosse trovata nella sua situazione.
I giudici, nel pronunciare l’assoluzione, hanno valutato che la madre avesse agito con la convinzione di voler educare e correggere la condotta della figlia. La mancanza di una denuncia di parte per lesioni ha inoltre contribuito alla decisione.
Tuttavia, la donna non è stata completamente scagionata. Nello stesso processo è stata infatti condannata per maltrattamenti in famiglia per avere in diverse occasioni picchiato o avuto comportamenti violenti nei confronti non solo della figlia, ma anche della madre anziana.
La sentenza riapre il dibattito sull’educazione dei figli e sui limiti della punizione fisica. Da un lato, si riconosce il diritto dei genitori di educare i figli e di correggerli quando sbagliano. Dall’altro, si sottolinea come la violenza, anche se minima, non sia mai un metodo educativo efficace e possa anzi causare danni psicologici a lungo termine.
La condanna per maltrattamenti inflitta alla donna per le altre violenze dimostra che la sua azione non è stata considerata un semplice “sgarbo” educativo. Il caso solleva quindi questioni complesse e invita a riflettere su come educare i figli in modo sano e rispettoso, senza ricorrere a metodi coercitivi o violenti.