Maggio, docenti impegnati nelle ultime verifiche degli studenti. Quante e di che tipo?

Quante verifiche devono essere somministrate per esprimere una proposta di voto in sede di scrutinio? La valutazione degli studenti rappresenta una delle attività fondamentali in capo ai docenti. Nel corso del trimestre, del quadrimestre o anche del pentamestre in alcuni casi, è importante cercare di avere a disposizione una varietà di elementi valutativi che contribuiscano alla formulazione della proposta di voto da presentare in sede di scrutinio alla chiusura dell’anno scolastico.
Sebbene negli ultimi anni le modalità e le fonti di valutazione si siano arricchite e diversificate, le prove di verifica continuano a rivestire un ruolo centrale. Che si tratti di prove scritte, interrogazioni, attività pratiche, esercizi grafici o combinazioni di questi strumenti, il compito dell’insegnante rimane quello di accertare i livelli di apprendimento degli studenti, integrandolo con una serie di indicatori di altra natura.
Ma con quale frequenza devono essere effettuate queste valutazioni? In altre parole, quante prove è opportuno somministrare nell’arco di un periodo scolastico per attribuire correttamente la proposta al vaglio del consiglio di classe?
Le tipologie di valutazione
La valutazione intesa come “voto” in termini numerici è quella che viene assegnata al culmine di un processo che si articola in tre fasi
- Valutazione diagnostica: si effettua all’inizio di un percorso formativo (inizio anno, inizio periodo, esame dei prerequisiti prima di affrontare un nuovo argomento) per avere il quadro delle conoscenze già in possesso dell’alunno e delle sue criticità;
- Valutazione formativa: da applicare durante il processo di apprendimento, non sottoforma di voto, bensì di feedback di vario genere, che può consistere nel segnalare i miglioramenti prodotti, sottolineare la brillantezza di eventuali interventi di rilievo durante le lezioni o qualsiasi altra possibile variante;
- Valutazione sommativa: certifica il livello di apprendimento raggiunto dallo studente al termine di un percorso, tramite appunto l’attribuzione del voto espresso in decimi. Generalmente, la media aritmetica dei risultati ottenuti rappresenta la base di partenza per l’espressione della proposta di voto finale da presentare in sede di scrutinio.
Il voto non è semplice espressione della media aritmetica
Come anticipato, è ormai assodato che gli elementi numerici non sono gli unici da tenere in considerazione per la valutazione finale.
Ad esempio, una delle teorie maggiormente accreditate negli ultimi tempi è quella della valutazione evolutiva, visione condivisa anche dal noto pedagogista Daniele Novara. Questa mira a prendere in considerazione i progressi compiuti dallo studente, che si troverebbe ad essere penalizzato eccessivamente nel caso di un voto altamente negativo conseguito in una singola prova.
Inoltre, vanno debitamente incluse nel processo la partecipazione attiva durante le lezioni, l’autonomia nello studio e l’impegno.
Pertanto, la proposta di voto presentata dall’insegnante deve in qualche modo riassumere tutto il percorso compiuto dall’alunno, in modo tale che emergano gli elementi più importanti che hanno caratterizzato l’iter di apprendimento.
La definizione di valutazione dal punto di vista normativo
Art. 1 c. 1 D. Lgs. 62/2017 – La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e formazione, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze.
Art. 1 c. 2 D. Lgs. 62/2017 – La valutazione è coerente con l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, con la personalizzazione dei percorsi e con le Indicazioni Nazionali per il curricolo e le Linee guida di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n. 87, n. 88 e n. 89; è effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa.
Come si evince dalla lettura del D. Lgs. n. 62/2017, la valutazione deve avere ad oggetto non solo i risultati di apprendimento, ma anche il processo formativo. Il secondo comma lega invece la valutazione all’offerta formativa e soprattutto ai criteri e alle modalità definite collegialmente e presenti nel PTOF d’istituto.
Altri riferimenti in merito all’autonomia collegiale
l Collegio Docenti è infatti l’organo deputato a fissare i criteri comuni a cui i docenti si devono attenere per operare. Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo appena menzionato, anche l’art. 1 c. 5 del DPR n. 122/2009 (Regolamento sulla valutazione degli alunni) prevede che “il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare omogeneità’, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento. Detti criteri e modalità fanno parte integrante del piano dell’offerta formativa”. Inoltre, in precedenza, anche l’art. 2 c. 1 dell’OM n. 134/2000 riconosce al Collegio Docenti il compito di individuare le modalità e i criteri di valutazione degli alunni.
Non esiste un numero di verifiche minimo stabilito dalla legge, ma deve essere garantita la pluralità delle prove
Premesso quanto appena esposto, le scuole, anche per il tramite dei dipartimenti disciplinari, hanno la possibilità di articolare i criteri di valutazione ai quali i singoli docenti, pur nel rispetto della libertà d’insegnamento, devono attenersi. Non ci sono invece indicazioni nitide sul numero effettivo di verifiche, ma fino a un certo punto.
Infatti, sebbene a livello normativo non sia previsto specificamente un numero minimo di verifiche da somministrare obbligatoriamente, la CM n. 89 – Prot. MIURAOODGOS/6751 del 18 ottobre 2012 ribadisce come principio ineludibile che “il voto deve essere espressione di sintesi valutativa e pertanto deve fondarsi su una pluralità di prove di verifica riconducibili a diverse tipologie, coerenti con le strategie metodologico-didattiche adottate dai docenti”.
Come si nota da quanto appena riportato, per poter presentare una valida proposta di voto è necessario che siano svolte una pluralità di verifiche, quindi almeno pari a due, e che siano anche di diverso tipo, ricorrendo quindi a forme di valutazione tipicamente scritte, orali o pratiche, le quali possono assumere a loro volta articolazioni differenti (tema, relazione, esercizi, quiz, comprensione del testo, esposizioni, presentazioni ecc.). Questa previsione richiama il noto criterio del “numero congruo” di verifiche per poter esprimere un giudizio corretto. Non è un dettaglio, ma le prove devono essere coerenti con le strategie adottate dai docenti. Ergo, è pur sempre garantito un certo margine di autonomia al singolo insegnante, che deve però rispettare il principio delle due prove. Questo elemento appare tutto sommato banale. Uno studente non può essere valutato solo sulla base di un risultato, perché come sottolineato più volte, il processo formativo include tanti aspetti, e non ci si può limitare ad una sola valutazione nell’arco di un intero periodo scolastico.
E se un docente ha inserito solamente un voto? O addirittura nessuno?
In tali casi, assolutamente estremi e scongiurabili, possono sorgere problematiche serie.
Nel caso di una singola valutazione, soprattutto se insufficiente, la famiglia dello studente potrebbe contestare il voto. Come spiegato, infatti, è necessario avere sempre almeno due valutazioni per poter esprimere correttamente un giudizio. Il Consiglio di classe potrebbe dunque discostarsi notevolmente dalla singola proposta portata in sede di scrutinio in quanto non completa.
Ancora peggio nel caso in cui non ci siano valutazioni al termine del periodo, soprattutto quello finale. In questo caso, infatti, lo studente non può mai essere rimandato in quella specifica materia, in quanto non è possibile esprimere una valutazione. Questo compromette notevolmente la regolarità della procedura, che potrebbe essere inficiata o addirittura rinviata. Non solo: un atto del genere si configura come una grave omissione da parte del docente, che può condurre anche ad una sanzione disciplinare comminata dal Dirigente Scolastico.
Appare evidente che tali situazioni sono assolutamente al limite e vanno evitate. In primis, il docente deve sempre curare la tenuta regolare dei propri registri. Secondariamente, il coordinatore di classe o l’intero consiglio possono segnalare per tempo eventuali anomalie al Dirigente Scolastico, ai fini di prevenire situazioni spiacevoli. Immaginiamo, ad esempio, di avere nel mese di maggio una disciplina senza valutazioni. Questo rappresenta un segnale di allarme, che va prontamente preso in considerazione, in modo tale che il docente interessato possa provvedere per tempo.
I criteri di valutazione fissati dal Collegio Docenti
Chiarito dunque che le verifiche da somministrare devono essere almeno due, è importante rimarcare il fatto che la tipologia di prove e anche il numero sono aspetti che devono essere determinati dal Collegio Docenti o, per sua articolazione, ai Dipartimenti disciplinari (nelle scuole secondarie).
Quindi, un docente deve rifarsi a quanto stabilito a livello collegiale. Se, a titolo esemplificativo, il Dipartimento di Lettere stabilisce che in un quadrimestre siano effettuate almeno tre prove scritte e due orali, l’insegnante è tenuto ad allinearsi a tale scelta condivisa, operando ovviamente autonomamente rispetto ai contenuti specifici e alle modalità di erogazione della stessa, in base a quanto trattato e coerentemente con le strategie metodologiche-didattiche di cui alla circolare ministeriale 89/2012.
Gli obblighi di trasparenza e tempestività
Il succitato Regolamento sulla valutazione degli alunni prevede che la valutazione sia espressione dell’autonomia professionale del docente, individualmente e collegialmente.
Allo stesso modo, ogni alunno ha diritto ad una valutazione trasparente e tempestiva (art. 1 c. 2 DPR n. 122/2009).
Pertanto, l’insegnante ha il compito di valutare con estrema trasparenza le prove svolte dagli studenti, garantendo tempestività nella valutazione. Quest’ultima si traduce in un voto reso disponibile in tempi ragionevoli. Ogni scuola può agire autonomamente ma, tipicamente, non si va oltre i 20 giorni per la riconsegna delle prove scritte e massimo un paio di giornate per inserire il voto di una prova orale, proprio in osservanza dei diritti di cui sopra.
Conclusioni
Ricapitolando, la valutazione periodica e finale del docente deve essere frutto di un processo valutativo che non si avvalga solamente della media aritmetica dei voti assegnati durante l’arco del tempo considerato, ma di una serie di elementi aggiuntivi che possano fornire una proposta di voto coerente.
Ad ogni modo, vige il principio della pluralità delle verifiche (numero congruo) per determinare un voto. Pertanto, ogni docente, nel rispetto dell’autonomia individuale e collegiale, è tenuto a somministrare almeno due prove, con differenti modalità, al fine di ottenere una valutazione coerente. In caso contrario, possono sorgere dei problemi relativi alla regolarità dello scrutinio.
Nelle valutazioni, occorre garantire il rispetto dei diritti degli studenti (trasparenza e tempestività) e attenersi alle decisioni assunte collegialmente (o mediante dipartimenti).