Maestre 0-6: piscologi con studi antropologici e sociologici, linguistici e ambito STEAM. Quali competenze nelle nuove linee guida

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Ieri abbiamo pubblicato la bozza delle linee pedagogiche per il sistema 0-6 di educazione e di istruzione costituita ai sensi del decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017. Le Linee si compongono di sei parti; la prima e la sesta hanno un taglio più istituzionale, il cuore del documento è più prettamente pedagogico. Tra le nuove indicazioni quella della dimensione della professionalità nella quale si delinea quali sono le competenze e il ruolo degli educatori/insegnanti.

Riportiamo il testo, a fine articolo la bozza

4 – Dimensioni della professionalità

La professionalità degli educatori/insegnanti si basa su una solida cultura dell’infanzia che, all’interno di una cornice pedagogica, attinge a saperi diversi: studi psicologici relativi allo sviluppo, alle relazioni e alla comunicazione; studi antropologici e sociologici, studi linguistici, studi in ambito STEAM19 e studi relativi alla conduzione didattica.

La professionalità si consolida a partire dalle esperienze di tirocinio e di ricerca-azione ed è sostenuta dalla formazione continua in servizio. È caratterizzata da competenze trasversali che si manifestano in alcuni aspetti comuni importanti: uno stile, un tratto, una modalità di intervento con il bambino e con il gruppo basata sull’osservazione, sull’esplorazione, sulla ricerca e sull’ascolto attivo ed empatico, sulla personalizzazione, sull’accurata progettazione.

Le diverse “posture” sono state sintetizzate, senza alcuna pretesa di esaustività, in alcuni immagine evocative.

Un adulto accogliente L’accoglienza è un riferimento culturale che attraversa tutto l’intervento educativo: il lavoro degli adulti, la qualità degli ambienti e dell’organizzazione, le relazioni con i genitori. Va collocato in questa cornice l’ambientamento, cioè il processo in cui si struttura la relazione tra i soggetti e il nuovo contesto, in una dinamica che produce in tutti cambiamenti e adattamenti reciproci. La delicatezza dell’ambientamento dei bambini nel primo periodo di frequenza richiede una progettazione attenta e specifica dei tempi, degli spazi, dei materiali, condivisa nel gruppo di lavoro e con i genitori al fine di mettere in campo tutte le risorse disponibili. L’accoglienza trova pienezza nella predisposizione di condizioni coerenti che la rendono obiettivo comune del gruppo di lavoro.

Un adulto in ascolto

L’ascolto è il necessario punto di partenza per tutti gli interventi educativi. L’ascolto permette una comprensione più profonda di ciascun bambino, delle problematiche che affronta nei suoi processi di interazione con il mondo che lo circonda, delle sue emozioni e del loro controllo. L’ascolto fa sentire al bambino che l’adulto lo rispetta, lo riconosce, cerca di comprenderlo. L’ascolto permette di condividere una conoscenza  più  profonda  di  ciascun  bambino  con  i  suoi genitori. Un adulto che ascolta, osserva e cerca di comprendere   e   interpretare   i   segnali,   le   emozioni,   le comunicazioni, le parole di ciascun bambino, le reazioni che suscitano negli altri bambini e le dinamiche relazionali e cognitive nel gruppo dei bambini sarà poi in grado di intervenire o di non intervenire considerando le diverse situazioni. La riflessione e la condivisione delle proprie impressioni e interpretazioni nel gruppo di lavoro permettono di riprogettare le risposte da dare, le nuove proposte o semplicemente di dedicare una maggiore attenzione ad aspetti, comportamenti e processi meno evidenti.

Un adulto incoraggiante

Un approccio rispettoso, emotivamente positivo, gioioso, aperto e attento alle sollecitazioni e alle richieste esplicite e implicite del contesto caratterizza le figure educative che si occupano dell’infanzia. L’adulto tiene conto dell’ampia variabilità nei tempi e negli stili di apprendimento, mantiene una sintonia emotiva e intellettuale con i bambini, sia con i singoli sia con il gruppo, promuove un ambiente educativo che sia inclusivo, democratico e partecipativo, che ascolti e dia voce a tutti i bambini. Svolge funzioni di esempio, accompagnamento, facilitazione e mediazione, valorizza e prende spunto dal gioco e dalle iniziative dei bambini per articolare le proposte, fa propria la ricerca dei bambini e li aiuta a esplorare, ampliare, comunicare le proprie scoperte e a riflettere su di esse. Garantisce e promuove la continuità delle esperienze in modo che esse possano integrarsi tra loro e costituire un tutt’uno significativo.

Un adulto “regista”

Si è spesso parlato di professionisti riflessivi, di educatori/insegnanti progettisti, di interventi “non intrusivi”. Il concetto di “regia educativa” ben rappresenta una didattica prevalentemente indiretta nella quale, a fianco della proposta meditata e calibrata sulla base dell’osservazione del singolo bambino e del gruppo, hanno grande spazio le riprese, i rilanci, gli sviluppi progettati a partire dai comportamenti, dalle esplorazioni, dalle ipotesi, dalle domande, dalle discussioni dei bambini. Questi aspetti si declinano diversamente nelle diverse età man mano che si passa dalla conquista delle prime autonomie allo sviluppo del linguaggio, alla formulazione di teorie e ipotesi, alla capacità di concentrarsi e impegnarsi nella soluzione di problemi.

Un adulto responsabile

A educatori e insegnanti viene chiesto di accompagnare i bambini ad acquisire progressivamente autonomia, capacità di temperare e di esprimere le emozioni intense dei primi anni, e tolleranza alle frustrazioni inevitabili nella vita di gruppo. Le modalità di proporre e gestire le regole nella vita quotidiana emergono con evidenza nelle situazioni ad alta intensità emotiva (richiesta di attenzione, opposizione, pianto, competizione, litigi e necessità di rispetto di turni, discussione e confronto di opinioni, valutazioni, ecc.). Si tratta di uno degli aspetti più importanti dello stile educativo, spesso diverso e complementare ai modelli familiari, che si manifesta in varie forme a seconda dell’età dei bambini e della loro personalità, che deve però seguire una traiettoria coerente, condivisa nel gruppo di lavoro e comunicata con serenità ai genitori, in modo che ne comprendano il significato di scelta intenzionale mirata alla crescita dei bambini.

Un adulto partecipe

Un ulteriore tratto di professionalità è la capacità di relazione e comunicazione tra educatori/insegnanti e genitori. Una buona comunicazione con i genitori – accogliente, calibrata, coerente, professionale – è decisiva per stabilire e mantenere il patto educativo. I genitori hanno il diritto di sentirsi ascoltati, interpellati, riconosciuti quali protagonisti dell’educazione dei loro bambini; hanno idee, valori che devono essere presi in considerazione e portano una varietà di voci e di posizioni che devono essere ricondotte a unitarietà, affinché tutti i bambini sentano la sintonia tra la famiglia e la scuola/il servizio educativo, pur nella necessaria distinzione delle responsabilità.

La corresponsabilità con la famiglia viene alimentata da gesti concreti: particolare attenzione viene dedicata alle occasioni di incontro, formali (es. assemblee, colloqui, ecc.) e informali (es. laboratori, feste, ecc.), e ai momenti quotidiani di accoglienza e ricongiungimento. Contatti individuali, di gruppo e comunicazione in situazioni più ampie come negli organi collegiali richiedono disponibilità e professionalità; nella predisposizione dei momenti di incontro si terrà conto dei tempi e della vita delle famiglie, delle possibilità offerte dalle tecnologie e sperimentate nel periodo di confinamento, della necessaria convergenza di intenti.

La conoscenza del territorio e la capacità di confrontarsi con altri servizi e altre figure professionali sono strumenti professionali essenziali per creare una rete coerente e una comunicazione efficace tra servizi educativi/scuole/servizi sociali e sanitari, per conoscere gli ambienti di vita dai quali provengono genitori e bambini, e, infine, per sfruttare al meglio tutte le risorse del contesto sociale e culturale.

BOZZA [PDF]

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