“La maestra ha sempre torto”
di Mariella Gerardi – La scuola italiana non sta attraversando uno dei suoi momenti migliori e anche gli insegnanti cominciano ad essere stanchi e sfiduciati e a non credere più in un sistema che non funziona come dovrebbe e che sembra non valorizzare abbastanza il loro lavoro. Questo ancora di più se si considera il fatto che la figura dell’insegnante, oggi, tende spesso ad essere svalorizzata anche dall’atteggiamento di molti genitori. Intervista a Francesca Tricomi.
di Mariella Gerardi – La scuola italiana non sta attraversando uno dei suoi momenti migliori e anche gli insegnanti cominciano ad essere stanchi e sfiduciati e a non credere più in un sistema che non funziona come dovrebbe e che sembra non valorizzare abbastanza il loro lavoro. Questo ancora di più se si considera il fatto che la figura dell’insegnante, oggi, tende spesso ad essere svalorizzata anche dall’atteggiamento di molti genitori. Intervista a Francesca Tricomi.
E’ di pochi mesi fa una lettera inviata al Direttore de “La Stampa”, nella quale Francesca Tricomi, mamma di due bambini che lavora al Centro di Innovazione di Telecom Italia, dove studia e monitora l’evoluzione di società e tecnologia, esprime con chiarezza e con forte disappunto la non felice posizione degli insegnanti di oggi, spesso “oggetto di continue valutazioni e verifiche da parte dei genitori”. Noi la abbiamo intervistata e con lei abbiamo provato a capire perché la frase “la maestra ha sempre ragione” non ci appartiene più e risulta “stonata” in un contesto come quello odierno.
Lei è mamma di due bambini piccoli. E’ questo il motivo che l’ha spinta a scrivere questa lettera?
Da anni seguo questi temi, ancor prima di essere mamma. Osservo, leggo, ci ragiono. Ho provato infine l’urgenza di scrivere, in seguito ad alcuni episodi accaduti presso le scuole frequentate da conoscenti. Il mio coinvolgimento, se vogliamo, era indiretto, ma interiorizzato per il pregresso interesse per il tema dell’ educare. Ribadisco, non solo ora che sono mamma di due bambini. E’ una missione sociale che sento forte, forse a causa del mio lavoro: monitorare l’evoluzione tecnologica significa capire la società che ne è artefice, beneficiaria e vittima insieme. Mi viene istintivo analizzare, confrontare, fare proiezioni e scenari.
Deformazione professionale. Il fatto di avere due bambini accresce la mia preoccupazione per il contesto in cui si muovono e solleva in me dubbi etici di cui questo è il più auto provocatorio: è giusto educare se si vive in un contesto dis-educato?”. Sto inoltre cercando la versione moderna dei principi antichi perché desidero sfatare l’idea che rigore e severità siano sinonimi di rigidità mentale. Un po’ come faceva la mamma cinese de “Il ruggito della mamma Tigre” confrontando l’educazione cinese ricevuta e quella statunitense acquisita e in cui si trovava immersa.
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E’ un libro affascinante di cui consiglio la lettura solo a persone con buona capacità di mirare all’essenza senza inciampare nei dettagli sennò si finisce per fraintenderne i messaggi. Credo fermamente che educare significhi forgiare e la forgia ha in sé un concetto di durezza necessario per arrivare ad un meraviglioso risultato. Non c’è atto educativo che non passi attraverso gesti che contengono, selezionano e definiscono.
Perché oggi non ha più valore la frase "La maestra ha sempre ragione"? Cos’è cambiato rispetto a prima?
Perché siamo in un’epoca di molto rumore e pochi punti fermi. Oggi c’è tanta informazione e a volte iperinformazione. Le pecore nere sono sempre esistite in tutti i campi ma non facevano notizia. Oggi diventano la sola notizia. Un genitore che legge alcuni fatti di cronaca o si trova lungo il cammino scolastico del figlio, anche solo un insegnante poco valido, tende ad universalizzare il concetto. Una volta c’erano granitici principi universali (tra cui “la maestra ha sempre ragione”); oggi si eccede nell’universalizzazione di alcuni fatti occasionali o limitati ad una situazione. E’ un po’ quello che accade con il maltempo. Io ho i parenti lontani che mi telefonano spesso allarmati “c’è stata una tromba d’aria a nord ovest? State bene?”. E si trattava di un vento comune a molti inverni. Il rischio è quello di arrivare dall’eccesso a “la maestra non ha mai ragione”. E purtroppo ci siamo vicini.
Quali sono i rischi che determinano questi atteggiamenti?
Eccesso di protezione ed eccessiva accondiscendenza comunicano inevitabilmente al figlio un unico messaggio: “Vai benissimo come sei, ergo resta come sei”. Un messaggio che è lontano dal coltivare l’autostima dei ragazzi. Autostima è coscienza delle proprie potenzialità e il messaggio che sottende è piuttosto – per dirla con Nietzsche – “diventa ciò che sei” che ha in sé tutto il senso di un percorso evolutivo. Iperproteggere il figlio è volerlo cristallizzare, renderlo eternamente bimbo, prole inetta. Con il risvolto positivo di fermare il tempo per sentirsi eternamente “giovane genitore”.
I rischi evidenti sono principalmente due: crescere figli supponenti che faranno della prepotenza la loro arma per sopravvivere nella società oppure crescere figli seduti, incapaci di autogestirsi e di auto motivarsi di fronte alle inevitabili difficoltà che la vita a tutti riserva. Inevitabilmente abbiamo regalato alla società persone non socialmente utili. A cosa servono prepotenti e incapaci? Come se la caveranno? Cosa costruiranno? Questo il danno sociale (che ahimè a pochi sta a cuore…).
Il danno umano che genitori iperprotettivi regalano ai propri figli è una grande inguaribile fragilità di fronte all’ambiente esterno. Cosa accadrà quando mamma non sarà più lì a difenderti? Sarai in grado di trovare in te stesso luce e motivazione? Figli fragili sono figli inoltre facilmente ricattabili. Ricattabili dai media con le loro lusinghe, dalle “cattive compagnie”, un termine forse antiquato che purtroppo ben rappresenta situazioni attualissime. Psicologi e sociologi garantiscono che questa fragilità indotta favorisce addirittura in qualche modo l’esposizione dei ragazzi agli abusi, oltre che agli eccessi. Di contro vanno morendo due atteggiamenti enormemente positivi: l’onestà intellettuale e l’ambizione.
Mio nonno mi ha cresciuta ricordandomi che la spinta dei grandi uomini è il socratico “so di non sapere nulla”. Bisogna ammettere di avere tanto da imparare per accogliere gli insegnamenti. Guai pensare di essere già arrivati e imparati. Quanto all’ambizione, bisogna smettere di annoverarla tra gli atteggiamenti negativi. La sana ambizione è la spinta all’evoluzione, al miglioramento. Porta con sé voglia di fare oltre che di essere. Dà coraggio alle proprie azioni. Regala un fine, un progetto verso il quale indirizzare i propri. Direi che il quadro è abbastanza serio. E’ importante trasmettere questi messaggi alle famiglie.
Perché bisognerebbe ricominciare a dare ragione alla maestra?
E’ un’affermazione che oggi suona controversa e a tratti provocatoria. Ma mi piace perché implica l’accettazione di una tappa evolutiva nella vita dei nostri figli, il più grande svezzamento. E’ un passaggio di testimone: da me genitore agli altri con cui ti confronterai. Da questo momento un estraneo (fidato e qualificato…qui si potrebbe dire molto altro) sarà un riferimento per te che fino a ieri guardavi solo a mamma e a papà. Dire la maestra ha sempre ragione significa avvalorare agli occhi dei figli una figura esterna alla famiglia. E’ affidare il figlio per la prima volta al mondo.
E allora perché denigrare subito il mondo –il suo mondo- contrapponendosi per partito preso a questa figura preposta all’educazione dei nostri figli? Ci tengo a dire che quanto affermo non assolve affatto insegnanti inadatti al ruolo. Non penso che tutti siano bravi, belli e meritevoli di fiducia incondizionata. Anzi andrebbero selezionati ferocemente per garantire che solo le persone più preparate e più adatte al ruolo salgano in cattedra. Il messaggio che intendo lanciare è piuttosto: non denigrateli davanti ai figli, non fatelo per episodi irrilevanti o solo sospettati. Sappiate valutare vostro figlio prima che il suo insegnante. Provate a credere di “non sapere nulla”. Accettate il giudizio. Fa crescere specialmente se non positivo. La vita prima o poi giudica male tutti. Meglio aver provato prima e in ambiente protetto cosa vuol dire.