Maestra condannata per aver alzato la voce e percosso studente. Decisiva testimonianza compagno di classe. Sentenza

Ancora una sentenza sul caso di abuso di mezzi di correzione, fattispecie delicata che nella scuola determina diversi processi che spesso si concludono con delle condanne nei confronti degli autori.
Fatto
Una docente di scuola primaria veniva condannata a due mesi di reclusione, in quanto ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 571 c.p., perchè, quale insegnante aveva abusato dei mezzi di correzione ai danni degli alunni nei cui confronti alzava la voce, percuotendo con due schiaffi nonchè del delitto di cui all’art. 581 c.p., art. 61 c.p., n. 9, per aver percosso uno studente. Quello che veniva fatto presente dalla difesa è che le dichiarazioni rese, rispettivamente da madre e nonna del minore non sono state oggetto di alcuna valutazione, si censurava l’omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal minore che non sarebbero state incluse in un più ampio contesto sociale tale da poter essere complessivamente valutate, mentre quelle rese dalla madre e dalla nonna del citato minore risulterebbero meramente enunciate senza alcun apprezzamento del dato connesso all’interesse economico sotteso alla loro costituzione di parte civile. Alla luce dell’intervenuto accertamento basato unicamente sul “sentito dire” e non fondato sulla diretta percezione, sarebbe stato necessario l’esame di altro minore, specificamente indicato, compagno di classe della parte offesa che avrebbe potuto riferire i fatti accaduti durante le ore di lezione e il comportamento assunto dall’insegnante. Non sufficiente, in proposito risulterebbe la dichiarazione resa dalla collega della circa le “voci di corridoio” apprese da “testimone indiretto” dalla madre e dalla nonna del minore, elementi di prova, inutilizzabili. Per la Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-05-2019) 12-07-2019, n. 30749 il ricorso veniva respinto.
Sulle dichiarazioni del minore e testimonianza dei famigliari
La Corte “osserva che i due giudizi( di grado precedenti) hanno fatto rilevare come assolutamente influenti erano le discrasie dedotte dal ricorrente; divergenze che non avevano nessuna valenza in ordine alla complessiva ricostruzione degli eventi che era fondata sulle dichiarazioni delle citate donne e che avevano ricevuto conferma da parte del minore, sentito con modalità protetta.” Costui aveva avuto modo di descrivere nel dettaglio l’episodio culminato con le percosse patite dopo la reiterata richiesta di poter andare in bagno, atteggiamento che è stato ritenuto posto in essere dall’insegnante nei confronti degli altri compagni di classe in numerose occasioni allorchè gli allievi non erano in grado di risolvere gli esercizi. Dichiarazioni che era stata ritenuta attendibile, non solo a cagione di analogo positivo giudizio circa la sussistente capacità del minore espressa dal consulente, ma perchè positivamente apprezzate dal giudice di merito al cui cospetto era stato eseguito l’esame avendone potuto saggiare le modalità attraverso cui il minore aveva rivelato i fatti e la linearità, coerenza e credibilità del racconto; dichiarazioni che avevano trovato conferma in quelle della nonna che per prima aveva raccolto la confidenza del minore, così consentendo di fornire una spiegazione ai continui pianti anche notturni e rifiuti di andare a scuola in corrispondenza con le lezioni di matematica, materia oggetto di insegnamento da parte della ricorrente.”