Lo scrolling infinito dei social vi causerà “marciscenza al cervello”. Il “brain rot”: cos’è e come difendere i bambini
Secondo la Oxford University Press, editrice dell’Oxford English Dictionary, la parola dell’anno 2024 è “marcescenza del cervello”, termine tradotto dall’inglese “brain rot”. La scelta è motivata dalla crescente preoccupazione sugli effetti negativi di un consumo eccessivo di contenuti online di bassa qualità sulle capacità cognitive delle persone.
Il significato del termine e la riflessione sociale
Secondo Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages, “brain rot” rappresenta il “Presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, considerato soprattutto come risultato di un consumo eccessivo di materiale (attualmente in particolare contenuti online) ritenuto banale o poco stimolante. Inoltre: qualcosa caratterizzato come probabile causa di tale deterioramento“. Lo scrolling costante di video e informazioni di scarsa rilevanza produce un affaticamento mentale, rendendo più difficile per il cervello codificare e conservare le informazioni.
L’origine storica del termine e la sua attualità
Sebbene il termine abbia acquisito una nuova rilevanza nell’era digitale, la sua origine risale al 1854, quando Henry David Thoreau lo utilizzò nel libro Waden. L’autore criticava la tendenza della società a svalutare le idee complesse a favore di quelle più semplici, segnalando un declino dell’impegno mentale e intellettuale.
Limitazioni e divieti, l’esempio dell’Australia
La questione è ormai nota: l’eccessiva esposizione a contenuti banali e ripetitivi sugli schermi dei nostri device può portare a un deterioramento delle capacità cognitive. E se per gli adulti l’effetto combinato di scrolling e algoritmi rappresenta un rischio per la salute mentale, per il cervello e l’attenzione di un bambino questa combinazione è particolarmente dannosa.
La consapevolezza di questi rischi ha portato l’Australia ad approvare una legge severa che impone alle piattaforme digitali di vietare l’iscrizione ai propri servizi ai minori di 16 anni.
In Italia, i primi interventi sono avvenuti nell’ambito scolastico, con il divieto di utilizzo dei devices anche per scopi didattici.
Una proposta che strizza l’occhiolino all’Australia, è sostenuta dalla senatrice di Fratelli d’Italia, Lavinia Mennuni, insieme alla collega democratica Simona Malpezzi e all’onorevole Marianna Madia (Pd). L’iniziativa mira a limitare l’accesso ai social media per i minori di 15 anni, con l’intento di tutelare la salute mentale e lo sviluppo cognitivo delle nuove generazioni.