Lo psicologo a scuola: “Non solo per gli studenti, ma anche per docenti e genitori”

Nell’ambito scolastico, la figura dello psicologo sta guadagnando crescente rilevanza. Dopo gli “anni horribiles” della pandemia e della didattica a distanza, la necessità di focalizzarsi sulla salute mentale è diventata pressante.
Gabriele Raimondi, presidente dell’Ordine degli psicologi dell’Emilia-Romagna, conferma questo trend, in un’intervista a Ravenna e Dintorni, sottolineando la varietà di funzioni che gli psicologi scolastici svolgono nelle istituzioni educative.
Il servizio più comune offerto è lo “sportello d’ascolto”, un punto di riferimento non solo per gli studenti ma anche per insegnanti e genitori. Lo psicologo interviene in diverse aree, dalle questioni individuali alla gestione dei gruppi, e funge da ponte tra la scuola e la famiglia. Tuttavia, la presenza dello psicologo è ancora a discrezione dei singoli istituti.
I professionisti sono selezionati attraverso bandi, ma il dibattito è aperto sulla necessità di garantire continuità agli incarichi. La relazione di fiducia tra lo psicologo e gli studenti si costruisce nel tempo e richiede stabilità.
Durante la pandemia, le richieste di supporto psicologico sono aumentate significativamente. Questo riflette una consapevolezza crescente dell’importanza del benessere psicologico, tanto da spingere molti istituti e anche le Regioni a investire maggiormente in questo settore.
Mentre la percezione del servizio da parte dei genitori è generalmente positiva, alcuni insegnanti sentono il bisogno di un supporto per affrontare la complessità delle relazioni all’interno della scuola. Per Raimondi, “prendersi cura di chi si prende cura” è un investimento strategico.
Introdurre percorsi formativi specifici sulla salute mentale nelle scuole potrebbe essere un passo fondamentale. Questi spazi garantirebbero un ambiente favorevole alla condivisione e al benessere psicologico, facilitando anche gli altri aspetti dell’apprendimento.
Gli investimenti in questo settore non sono solo un imperativo etico ma rappresentano, secondo Raimondi, anche un investimento economico, riducendo i costi futuri legati a ricoveri, farmaci e assenze dal lavoro.