L’intervista di Walter Veltroni a una ragazza di 13 anni: “Il cellulare? Lo uso troppo, quando studio lo devo mettere in un’altra stanza altrimenti non riesco a non guardarlo”

In un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, Walter Veltroni ha avuto l’opportunità di dialogare con un’adolescente di tredici anni, esplorando le sfide e le percezioni che caratterizzano la vita dei ragazzi di oggi. La giovane ha condiviso le sue esperienze e le sue paure, offrendo uno spaccato significativo della realtà giovanile contemporanea.
Uno dei temi centrali emersi dall’intervista è la paura dell’errore e del giudizio altrui. La ragazza ha dichiarato: “Io ho sempre avuto paura dell’errore, dell’essere giudicata, dello sguardo degli altri. Ho paura di sbagliare, sempre. Ho paura del giudizio. Del giudizio di tutti.”
L’ansia si riflette anche nelle sue attività quotidiane, come nel caso della pallavolo, dove ammette di rinunciare a volte a tuffarsi per prendere una palla, temendo di non essere all’altezza. “Sento l’errore come un’ombra che mi segue e che è pronta a precipitarsi su di me”, ha aggiunto, esprimendo il desiderio di non preoccuparsi del giudizio altrui, ma riconoscendo che, purtroppo, questo giudizio ha un peso significativo sulla sua vita.
Un altro aspetto cruciale toccato nell’intervista riguarda l’uso dei cellulari e dei social media. La giovane ha confessato: “Lo uso troppo, quando studio lo devo mettere in un’altra stanza altrimenti non riesco a non guardarlo.” Pur non essendo attiva sui social, ha ammesso di perdersi spesso su YouTube, dove trascorre tempo a guardare video, come tutorial di trucco, che la distraggono dallo studio. “Sarei superfelice se me lo togliessero, mi sento dipendente”, ha rivelato, evidenziando una consapevolezza della propria situazione.
Un episodio significativo che ha condiviso riguarda una sua amica, i cui genitori hanno deciso di privarla del cellulare per un mese dopo averla sorpresa a comunicare con uno sconosciuto. “Quando in campo scuola ce li facevano lasciare, lei ha detto a tutti: ‘Credetemi, si sopravvive benissimo senza’”, ha raccontato, suggerendo che, nonostante la dipendenza percepita, esiste la possibilità di vivere senza la costante connessione.