L’intelligenza artificiale sbarca a scuola: 15 classi, 4 regioni pilota. Ecco come funzionerà la sperimentazione. Se andrà bene, a regime nel 2026

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L’intelligenza artificiale sbarca tra i banchi di scuola. Ad annunciarlo è il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha scelto il palcoscenico del Forum di Cernobbio per presentare il progetto pilota che partirà a settembre in quindici classi di quattro regioni italiane: Lombardia, Toscana, Lazio e Calabria.

L’obiettivo? Colmare il divario di apprendimento tra gli studenti, soprattutto tra quelli con buoni voti e quelli in difficoltà, con un’attenzione particolare ai ragazzi di origine straniera.

Come funziona l’assistente virtuale

La sperimentazione, che durerà due anni, prevede l’utilizzo di un software installabile su Google Workspace, inizialmente focalizzato sulle materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e sulle lingue straniere. Per la scelta definitiva delle classi è questione di giorni. I direttori degli Uffici Scolastici delle regioni coinvolte le stanno scegliendo, poi bisognerà avere l’ok di dirigenti scolastici e professori, oltre che degli alunni per ragioni di privacy.

L’intelligenza artificiale, sotto forma di assistente virtuale, sarà in grado di individuare le difficoltà di apprendimento dei singoli studenti e di segnalarle sia al docente che all’alunno stesso. A quel punto, il docente, adeguatamente formato, potrà intervenire in modo mirato per aiutare lo studente a superare le difficoltà.

Un modello che si ispira a Bloom

Il progetto si ispira a uno studio del 1984 di Benjamin S. Bloom, che dimostrò come i risultati scolastici degli studenti migliorassero in modo significativo in presenza di un supporto individuale costante.

“Al momento non ci sono evidenze dirette con assistenti basati su Ia. Per questo la sperimentazione serve a chiarire se funziona, ma anche con quali limiti”, spiega Paolo Branchini, consigliere del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara al Quotidiano Nazionale.

“A me non risulta che ci siano altri test di questo tipo al mondo”, precisa. “Ma deve essere chiaro che questo progetto ha il professore al centro. L’Ia non è sostitutiva, farà da supporto e aiuterà a tracciare percorsi di apprendimento. L’esempio che mi viene è quello delle equazioni di secondo grado. Il ragazzo ha capito come funziona ma ha lacune sulla somma delle frazioni. Il sistema identifica la lacuna, la segnala al ragazzo e al prof, poi propone all’allievo come colmarla. Si tratta di assistenti, non sono docenti. E non ne prenderanno certo il posto”, conclude

Un occhio di riguardo all’ascensore sociale e alla dispersione scolastica

La sperimentazione punta a raggiungere due obiettivi principali: da un lato, rilanciare l’ascensore sociale, offrendo a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro condizione di partenza, la possibilità di migliorare il proprio livello di istruzione; dall’altro, contrastare la dispersione scolastica, soprattutto nella delicata fase della scelta della scuola superiore.

Valutazione e prospettive future

Al termine dei due anni di sperimentazione, sarà l’Invalsi a valutare i risultati del progetto, confrontando i progressi degli studenti delle classi “digitali” con quelli delle classi “tradizionali”.

Se i risultati saranno positivi, l’obiettivo è quello di estendere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale a tutte le scuole italiane a partire dal 2026.

Intelligenza artificiale, Valditara: “Parte la sperimentazione in 15 classi. Importante per la personalizzazione della didattica”

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