L’indeterminatezza della politica scolastica. Lettera

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Inviata da Enrico Maranzana – Il ministro Valditara, nel corso del G7, ha incontrato i propri omologhi; hanno condiviso l’osservazione: “Mancanza di giovani che vogliono intraprendere la carriera dell’insegnante”. Una disaffezione su cui intende intervenire attraverso “Una valorizzazione sociale, oltre che economica, cioè ridare autorevolezza alla figura del docente, mettendolo al centro della società”.

Per cogliere la fragilità dell’enunciato si trasferisca la questione nel campo della formula uno. I successi nelle gare derivano, primariamente, dagli aspetti ingegneristici: una progettualità incisiva è la piattaforma necessaria per dimostrare la perizia dei piloti.

Ne discende l’essenzialità di un’organizzazione scolastica ben congegnata. Da essa dipende il riconoscimento della validità del lavoro dei docenti: i traguardi elencati nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa devono caratterizzare la vita delle scuole e la struttura decisionale deve essere adeguata alla loro conquista.

Consideriamo l’ambito in cui i docenti operano. Iniziamo dalle mete elaborate e adottate dalle singole scuole. Esse devono rispettare le regole e, tra queste la legge 107/2015, la cosiddetta buona scuola. Al paragrafo sette elenca i “traguardi formativi ritenuti prioritari”, elenco contenente un madornale errore: i mezzi sono stati sovrapposti ai fini. Segno evidente dell’incapacità del legislatore di progettare, sia in campo formativo, sia in quello educativo. Ecco la descrizione dei comportamenti, previsti dalla norma, che gli studenti dovrebbero essere in grado di esibire al termine degli studi: “prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni
e di studenti per classe, incremento dell’alternanza scuola-lavoro, individuazione di percorsi e di sistemi funzionali alla premialità e alla valorizzazione del merito, definizione di un sistema di orientamento …“

Lo strafalcione non è isolato: è del tutto analogo a quello organizzativo, che gli organigrammi messi in rete dalle scuole dimostrano: sono sbagliati e contrari alla legge.

Questa stabilisce, per la dirigenza scolastica, il rafforzamento del “principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza”. La rappresentazione del principio implica lo spazio tridimensionale, non quello piatto, a due dimensioni, che le scuole utilizzano,
veicolando un assetto decisionale gerarchico; il dirigente scolastico è il sovrano.
In rete “Quale formazione per il dirigente scolastico?” sgrossa il problema.

Ritorniamo nell’ambito sportivo e, precisamente alle squadre di calcio: l’allenatore è sostituito se non ottiene i risultati attesi. Così nelle scuole l’imputato è il dirigente, che non ha onorato il mandato ricevuto: l’unitarietà del complesso scolastico è il suo fondamento.
La formazione professionale dei presidi è la carta vincente!

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