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Licenziato perché ha lavorato durante i giorni di malattia, è lecito? Ecco cosa hanno detto i giudici

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Il caso in commento riguarda una sentenza di licenziamento di un dipendente, come intimatogli dalla propria società, per motivi disciplinari, per aver prestato attività lavorativa per due giorni presso attività commerciale della coniuge, durante periodo di assenza per malattia di una settimana, attività accertata tramite agenzia investigativa. La Cassazione Civile sez Lavoro con sentenza del 26 gennaio 2024 n°2516 conferma la legittimità del licenziamento, vediamo il perchè.

Durante l’assenza per malattia il dipendente deve rispettare obblighi di diligenza e fedeltà

La Cassazione puntualizza che durante il periodo di assenza per malattia può costituire giustificato motivo di recesso ove integrante una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, tanto nel caso in cui tale attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, quanto nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante (e non ex post come, in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. Appunto, rilevano i giudici, nel caso in commento, sulla base della potenziale idoneità dell’attività lavorativa svolta a favore di terzi dal dipendente durante il periodo di malattia oggetto di contestazione, la Corte di merito ha fondato il proprio giudizio di sussunzione del comportamento concreto, quale risultante anche dagli accertamenti peritali svolti nel procedimento dinanzi al Tribunale, nella clausola generale di cui all’art. 2119 c.c

Dunque, lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio (Cass. n. 26496/2018, 10416/2017), è del tutto funzionale all’accertamento dell’effettiva violazione dei predetti obblighi l’approfondimento medico-legale finalizzato alla valutazione dell’attività svolta in favore di terzi in relazione alla patologia giustificante l’assenza dal lavoro presso il datore, per così dire, principale.

Da evidenziare però che la Cassazione nella sentenza 13 aprile 2021, n. 9647 affermava: Anche alla stregua dei concetto di malattia desumibile dall’art.32 della Costituzione, la patologia impeditiva considerata dall’art. 2110 Cod. Civile (…), va intesa non come stato che comporti la impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività, ma come stato impeditivo delle normali prestazioni lavorative del dipendente; di guisa che, nel caso di un lavoratore assente per malattia il quale sia stato sorpreso nello svolgimento di altre attività, spetta al dipendente, indubbiamente secondo il principio sulla distribuzione dell’onere della prova; dimostrare la compatibilità di dette attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa; la mancanza di elementi idonei a far presumere l’inesistenza della malattia e quindi, una sua fraudolenta simulazione; e la loro inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico – fisiche. Restando peraltro la relativa valutazione riservata al giudice del merito; all’esito di un accertamento da svolgersi non in astratto, ma in concreto, con giudizio ex ante”. Con questo orientamento, la Cassazione, invece, sembrava essere più possibilista, purchè l’attività lavorativa effettuata durante lo stato di malattia non pregiudicasse lo stato di guarigione del dipendente.

In altra sentenza della Sezione Lavoro n. 24671 del 2/12/2016 la Cassazione ha respinto il ricorso di un dipendente che durante l’assenza per malattia era stato scoperto a servire pizze presso un ristorante ed era stato conseguentemente licenziato. Infatti i giudici ricordano che: “il lavoratore, al quale sia contestato in sede disciplinare di avere svolto un altro lavoro durante un’assenza per malattia, ha l’onere di dimostrare la compatibilità dell’attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa contrattuale e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche, restando, per altro, le relative valutazioni riservate al giudice di merito all’esito di un accertamento da svolgersi non in astratto ma in concreto”. Come ha evidenziato l’ARAN, nel caso di quest’ultima sentenza, si tratta di principi che interessano comunque tutti i dipendenti, inclusi anche quelli pubblici.

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