L’ex ciclista Nibali si racconta: “Avevo compagni che venivano a scuola con la pistola nello zaino. Ero un ragazzino di strada”

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Leggendo della recente sparatoria di Monreale, che ha coinvolto tre giovani vittime per mano di un diciannovenne armato, Vincenzo Nibali ripercorre i ricordi della sua adolescenza a Messina. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il campione messinese, oggi 40enne, riflette su quanto sia sottile il confine tra due strade opposte, spesso determinato da opportunità fortuite o da scelte salvifiche.

Messina, racconta Nibali, non appariva come una città segnata dalla criminalità organizzata, ma la presenza di armi tra i giovani non era un’eccezione: “Avevo compagni che venivano a scuola con la pistola nello zaino“. La bicicletta è stata per lui un’ancora, un modo per scegliere un cammino diverso. Il ciclismo, insieme alla guida del padre, ha rappresentato la possibilità concreta di imboccare una strada “in salita”, fatta di fatica e obiettivi, lontana dal rischio e dalla marginalità.

Ero un carusu dannificu”, confida Nibali, descrivendo un’infanzia costellata da episodi che avrebbero potuto deviare il suo percorso: atti di vandalismo, giochi pericolosi e un’inquietudine costante. “Ero un ragazzino di strada che poteva anche prenderne una brutta, di strada” confessa.

I paesaggi dell’Etna, i tornanti verso il santuario di Dinnammare, le salite di Novara di Sicilia sono diventati per lui metafore di un destino alternativo: “ho capito che sarei stato ciclista“.

La sua famiglia, proprietaria di una cartoleria, ha vissuto direttamente le conseguenze del racket: pizzini, intimidazioni, danni materiali.

Oggi Nibali vive in Svizzera e, pur amando la Sicilia, il distacco non è stato difficile, “sarà che ero un ragazzino poco affettuoso” dice

E poi un messaggio ai giovani del Sud: restare non è un fallimento se si è in grado di costruire qualcosa.  L’immagine del “terrone che ce l’ha fattarimane un simbolo di riscatto per chi resta, mentre chi torna a mani vuote spesso si confronta con lo stigma sociale.

Lo sport contro la povertà educativa

Il ciclismo è stata una salvezza per il super campione Nibali. Fondamentale è lo sport nella vita dei giovani, specialmente laddove la povertà educativa è più forte.

Lo sport – come riportato parlando del progetto Sport Never Stop, l’’iniziativa promossa da Fondazione L’Albero della Vita ETS e Fondazione Conad ETS – è considerato la terza agenzia educativa, dopo famiglia e scuola.

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