Lettera aperta per la scuola pubblica

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Inviato da Ugo Gabaldi – La situazione pandemica degli ultimi mesi non ha fatto altro che fare emergere e portare al punto di rottura le tante criticità e i problemi da sempre esistenti nella scuola pubblica italiana, almeno negli ultimi 25 anni.

L’elenco delle questioni mai affrontate né risolte è lungo e ben conosciuto, se non altro da chi nella scuola vive e lavora:

– i continui e drastici tagli dei finanziamenti;
– un’edilizia scolastica inadeguata, se non addirittura fatiscente in molte realtà (si veda il XVII rapporto dell’ Osservatorio civico sulla scuola del 2019);
– il problema delle cosiddette “classi-pollaio” che non si vuole risolvere ( per l’anno che è appena iniziato gli Uffici Scolastic Regionali hanno continuato a formare le future classi prime superiori usando il divisore di 28 alunni per classe);
– la piaga del precariato (tra 150.000 e 200.000 supplenti annuali, che non si vogliono pervicacemente stabilizzare);
– le continue pseudoriforme e controriforme degli ultimi 20 anni che hanno sottoposto la scuola alle logiche aziendalistiche e del mercato;
– la drastica riduzione del personale tecnico e amministrativo.

E si tratta solo di un elenco parziale. Su questa situazione già fortemente compromessa, arginata unicamente dalla resistenza (anche se spesso troppo silenziosa e passiva) di chi nella scuola lavora e vive, si è abbattuto il COVID-19.
Poteva essere l’occasione per avviare almeno una inversione di tendenza ed iniziare un serio piano di rilancio della scuola, invece a parte i soliti retorici discorsi sull’importanza dell’istruzione per il futuro del paese niente di serio è stato fatto. Anzi, la scuola è diventata terreno di uno scontro politico di bassissimo livello in vista della tornata elettorale regionale e della campagna elettorale continua in atto nel paese con effetti spesso ridicoli se non fossero tragici. La scuola italiana negli ultimi 25 anni è stata devastata da governi di tutti gli schieramenti con continui tagli di finanziamenti e posti di lavoro, con il continuo aumento del numero minimo di alunni per classe, con riforme di stampo aziendalistico, col finanziamento sempre maggiore delle scuole “paritarie”, con la proliferazione di una burocrazia soffocante, etc.
Come ciliegina su questa torta avvelenata negli ultimi giorni è iniziato lo scaricabarile preventivo sugli insegnanti che non vorrebbero rientrare a scuola (che folli! Hanno la pretesa di potere lavorare senza rischiare di ammalarsi!): ovviamente se le cose non funzioneranno (e non potranno funzionare!) la colpa sarà nostra.
Proprio per questo, cioè per non prestarci a questo penoso gioco al massacro sulle spalle della scuola, abbiamo voluto aspettare la fine delle elezioni per dire la nostra.

Eppure, le cose da iniziare a fare non sarebbero state difficili da capire e da mesi le andiamo ripetendo:
– investimenti strutturali definitivi in termini di percentuale del PIL investito per scuola e ricerca, così da far risalire l’Italia dall’ultimo posto per abbandono e dispersione scolastica tra i paesi europei (almeno +1% da 2020 in avanti);
– investimenti massicci nell’edilizia scolastica pubblica;
– la riduzione drastica e definitiva del precariato nella scuola e il miglioramento delle condizioni lavorative del settore scolastico;
– presìdi sanitari nelle scuole necessari a riattivare la medicina scolastica come pratica di salute e cultura collettiva;
– riduzione del numero di alunni per classe.

Invece, da chi ci governa sono arrivate ( e continuano ad arrivare) indicazioni contraddittorie, fantasiose ed anche palesemente nocive per la scuola e la sua qualità, il tutto poi lasciato all’iniziativa dei Dirigenti e delle singole scuole: riduzione delle ore di lezione a 45 minuti, classi divise in presenza e a distanza, banchi a rotelle, ingressi scaglionati, precari usa e getta (il cosidetto organico COVID), mascherina sì mascherina no, distanza tra rime buccali (sic!), etc.

Bene! Anzi male! Siamo stufi di tutto questo. Vogliamo che la scuola torni ad essere come è giusto che sia, una vera priorità del paese così come deve esserlo anche la sanità pubblica.
Per tutti questi motivi, che speriamo di essere riusciti a spiegare in modo chiaro, abbiamo intenzione di protestare in tutti i modi possibili (scioperi, cortei, manifestazioni, etc.) e abbiamo intenzione di aderire a tutte le forme di mobilitazione che nasceranno, a partire dallo sciopero indetto da varie sigle sindacali per il 24/25 settembre, con corteo il 25 mattina alle 9,30 da Piazza Fanti d’Italia a Genova e dalla manifestazione nazionale del 26 settembre lanciata da Priorità alla scuola.
Sappiamo che molti di voi potrebbero pensare che non sia il momento Lo facciamo consapevoli che invece, continuando a tacere, la scuola pubblica in Italia riceverà un colpo definitivo. In gioco non siamo solo noi, la qualità del nostro lavoro e la qualità del progetto educativo che sarà sempre più difficile mantenere. In ballo c’è qualcosa di più grande, e se non ci mobilitiamo, assisteremo al solito giochino in cui l’istruzione, la sanità, i trasporti. il welfare pubblico saranno nuovamente sacrificati, lasciati senza investimenti e risorse che invece sono fondamentali per tutti.
Pensiamo quindi sia di fondamentale importanza che tutti, se vi sta a cuore la scuola pubblica e il fatto che l’istruzione rimanga un diritto di tutti soprattutto per i più deboli, siate al nostro fianco in quanto genitori dei nostri studenti e in quanto cittadini.

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