Legittimo il licenziamento di una maestra che si prolunga le ferie senza autorizzazione

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Nell’ordinanza in commento la Cassazione civile conferma un principio di diritto importante con il quale emerge la prevalenza del T.U del Pubblico impiego rispetto alle disposizioni contrattuali in materia sanzionatoria, il caso in questione riguarda il licenziamento comminato ad una maestra per aver disatteso l’ordine di servizio del proprio datore di lavoro in merito alla concessione di ferie.

Il fatto

La Corte territoriale ha premesso in fatto che alla maestra era stato contestato di essersi assentata senza giustificazione perché non aveva ripreso servizio dopo la fruizione di un periodo di ferie spirato entro i termini previsti ed aveva violato l’ordine di servizio con il quale il Dirigente aveva disposto che il personale operante negli asili nido dovesse occuparsi nel periodo di riferimento dei lavori di pulizia e di riorganizzazione degli ambienti necessari per consentire la ripresa dell’attività. Il giudice d’appello ha condiviso le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale che, valutate le risultanze istruttorie, aveva escluso che fosse stata provata l’improvvisa ed urgente esigenza familiare, allegata dalla lavoratrice ma non specificata, ed ha aggiunto che la stessa tardivamente aveva inoltrato la domanda di protrazione del periodo di ferie; ha, poi, ritenuto la sanzione disciplinare proporzionata all’infrazione ed ha respinto i motivi di gravame con i quali era stata dedotta la violazione del C.C.N.L., rilevando che il d.lgs. n. 165/2001 avrebbe consentito la massima sanzione del recesso immediato per giusta causa.

Il T.U del pubblico impiego è norma imperativa rispetto al CCNL

Per la Cassazione Civile con Ordinanza num. 23908/2022, l’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001, introdotto dal d.lgs. n. 150/2009, prevede, alla lettera b) la sanzione disciplinare del licenziamento in caso di «assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio….» e l’art. 55 definisce la disposizione in parola norma imperativa, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 cod. civ.; la Corte da tempo ha affermato che per gli addebiti riconducibili alle fattispecie tipizzate dall’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001 non può essere utilmente invocata la diversa e più favorevole disciplina contrattuale giacché, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2009, quest’ultima è stata sostituita di diritto, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cod. civ., dalla normativa di legge, che sulla stessa prevale ex art. 55, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, nel testo applicabile ratione temporis ( Cass. n. 24574/2016 e, fra le tante successive, Cass. n. 22075/2018).

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