Le retribuzioni italiane restano sotto la media dell’Eurozona. Per i docenti in arrivo un aumento di 50 euro netti al mese

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Le retribuzioni italiane restano sotto la media dell’Eurozona e si allarga il divario con altri grandi Paesi. È quanto emerge da un rapporto della Fondazione Di Vittorio.

In Italia il salario lordo annuale medio, pur recuperando da 27,9 mila euro del 2020 a 29,4 mila euro del 2021, rimane a un livello inferiore a quello pre-pandemico (-0,6%), nonostante il balzo del Pil.

Nel 2021, nell’Eurozona si attesta a 37,4 mila euro lordi annui (+2,4%), in Francia supera i 40,1 mila euro, in Germania i 44,5 mila euro. I salari medi italiani segnano così una differenza di -10,7 mila euro rispetto alla Francia e -15 mila rispetto alla Germania.

Sono 5,2 milioni i lavoratori dipendenti (26,7%) che nella dichiarazione dei redditi del 2021 denunciano meno di 10 mila euro annui.

Per la Fondazione Di Vittorio a incidere sulla stagnazione dei salari reali che affligge l’Italia da decenni è anche la composizione della forza lavoro occupata che risulta essere meno qualificata e più precaria. La percentuale relativa alle professioni non qualificate è pari a 13%, superiore alla quota registrata in Germania, Francia e Eurozona.

Inoltre, nel 2021 i dipendenti a termine hanno raggiunto il 16,6% (in aumento anche nel 2022) e la percentuale di occupati part-time involontario si è attestata al 62,8% degli occupati a tempo parziale, un livello superiore rispetto agli altri paesi europei e alla media dell’Eurozona.

Intanto in Germania milioni di lavoratori avranno diritto a un salario minimo da 12 euro all’ora a partire dal 1° ottobre.  La legge è stata approvata il 10 giugno dal Bundesrat, il Senato federale tedesco. Si tratta di una delle misure cardine del programma di governo, voluta dai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz.

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Per gli insegnanti un aumento di soli 50 euro netti

La partita per il rinnovo contrattuale degli insegnanti (il nuovo CCLN 2019-2021 che riguarda oltre un milione di addetti) è appena iniziata.

La partita più delicata, infatti, è proprio quella economica. Secondo gli ultimi dati, con le risorse a disposizione, circa 2 miliardi, si punta a riconoscere al corpo docente, un incremento del 3,8%, cioè circa 90 euro lordi, dunque 50-55 euro netti in busta paga.

Al netto delle risorse per gli arretrati (ancora da quantificare), verrebbe ricompreso nell’aumento il cosiddetto elemento perequativo da 11,50 euro medi previsto dal precedente CCNL 2016-2018. In quel caso erano stati garantiti ai docenti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (da 80,40 euro minimi a 110 massimi, in base ad anzianità e grado di scuola).

Ai 90 euro, poi, va aggiunta il taglio cuneo e a luglio arriveranno anche i 200 euro decisi dal governo contro l’aumento dei prezzi.

Per gli Ata, invece, risorse aggiuntive sono previste dalla manovra 2022, legate alla revisione dei sistemi di classificazione: fino a un massimo dello 0,55 (secondo primissimi calcoli sindacali si tratterebbe di 10-12 euro aggiuntivi)

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