Le nuove sfide della Scuola. Lettera

del Prof. Ruggiero Balice – La scuola deve accettare di fare riferimento a degli standard di qualità internazionali, rinunciando a dover “tenere” per forza pezzi di carrozzone poco produttivi in nome di qualche ragione sindacale.
Infatti è drammatico vedere come ogni occasione sembri buona per “infilarsi” all’Italiana, in nome di qualche eccezione sindacale.
Il Ministero ha obbligo di azzerare tutte queste vicende ripartendo da obiettivi di QUALITA’ e non di RIDUZIONE della DISOCCUPAZIONE.
Non è la prima volta che un Ministero si guarda intorno e la corte si costella di specialisti chiamati per risolvere i soliti problemi, ma nella quasi totalità dei casi, la montagna ha finito per partorire il topolino.
Le retribuzioni dei docenti non sono allineate a quelle europee ma sono soprattutto piatte, disincentivanti per chi ha entusiasmo ed invece ha visto altri “meritare” qualche bonus, per ragioni sempre di natura più discrezionale che meritocratica.
Il sistema di premi ha fallito totalmente ed è anzi stato un elemento di disparità e una mancata opportunità di “fare qualità” nella scuola, ma soprattutto nella didattica, piuttosto che nella burocrazia.
Appare opportuno segnalare alcuni dei possibili punti di riflessione ovvero:
• Rimodulazione degli obblighi formativi dei docenti con introduzione di elementi di premio vincolati alla didattica e soprattutto osservando dei punteggi aggiuntivi nelle graduatorie interne, con il definitivo superamento della pura logica di anzianità, in controtendenza con qualsiasi processo evolutivo;
• Riportare le scelte della scuola ad un livello più democratico ed eliminando ogni sorta di autovalutazione, in nome della quale tutti sono bravi;
• Definizione di un Team per l’innovazione più ampio, sul quale ogni scuola deve puntare investendo su acquisti di licenze PRO di alcuni software e diffondendo pratiche di ISTITUTO attraverso canali FAVORITI dalle Istituzioni stesse;
Oggi questi gruppi hanno autonomia limitata e carattere quasi simbolico, nonostante il loro ruolo sia cruciale e lo sia stato soprattutto nel momento di difficoltà, dove, senza queste eccellenze sparse nel tessuto scolastico, non ci sarebbe stata possibilità di portare avanti le cose;
• I gruppi competenti e non nominati, devono essere messi in condizione di tracciare dei percorsi che puntino ad obiettivi di modernità, di efficienza, non burocratica, ma didattica;
• Lo stesso team deve provvedere, con dovuta retribuzione, alla formazione dei colleghi, i quali devono essere obbligati a seguire un percorso di cambiamento;
In tal senso è abituale il ricorso alla “libertà di insegnamento” per giustificare qualsiasi tipo di incompetenza o per sottrarsi alla formazione come fosse un problema piuttosto che una opportunità.
La libertà di insegnamento non può però tradursi in una “libertà di non insegnare nulla” e di conseguenza nessuno deve vivere nella condizione di essere “obbligato” a fare qualcosa, che dovrebbe ritenere non solo opportuno ma anche doveroso, oppure e non fare nulla.
Si dovrebbe riflettere sulla completa assenza o lo scarso livello di percorsi formativi che possano aver caratterizzato la storia di ciascun docente, almeno questi anni in cui abbiamo avuto a disposizione anche una somma per farlo.
Non sono più accettabili “quelli che non vanno d’accordo con la tecnologia”, queste patetiche forme di refrattarietà alla realtà, ragione per cui la scuola viene percepita “fuori dal tempo” dalle generazioni via via incalzanti.
(Al mattino scrivono col calamaio e usciti da scuola girano in monopattino volante e comunicano con la realtà olografica);
• Realizzare un tutoraggio tra i docenti dei diversi ordini di scuola promuovendo tra i docenti stessi lo spirito giusto di collaborazione e crescita individuale cui tutti siamo comunque chiamati per svolgere adeguatamente il lavoro.
Altrimenti finiamo alla fiera dei depositari delle verità. Quello che è mancato e manca alla scuola sono i giusti spazi di dialogo e autonomia dei docenti, la democrazia organizzativa.
Al contrario il percorso evolutivo della scuola, proprio per la ragione esposta, è da sempre lento e poco ricettivo alle idee nuove e al cambiamento.
Sarebbe sufficiente a campione scegliere 1000 scuole e trovare che da anni in esse si ripetono le stesse identiche cose, probabilmente con le stesse identiche persone negli stessi ruoli;
Il Know-how e la responsabilità nella vita scolastica devono essere sostenuti da tutti e deve essere favorito (ma in Italia si preferisce l’obbligo) il cambiamento, per non determinare l’inaridirsi delle possibilità, lo stagnante ripetersi delle cose, lasciando emergere differenze e qualità;
• Evitare di tradurre la didattica a distanza in un fiume di lezioni streaming, pesanti e poco efficaci. I docenti devono accettare senza indugio una valutazione da parte degli studenti e genitori che, unitamente agli elementi di formazione, di curricolo, di competenza tecnologica, deve essere anche in grado di produrre la rimozione delle figure inadeguate al di là di qualsiasi forma contrattuale di lavoro.
Nessuno è obbligato a fare il docente, non si tratta di un premio per una lotteria, i ragazzi non sono tenuti a subire personale inadeguato o incompetente;
• Dare alle scuole obiettivi di realizzare MEDIATECHE contenenti materiale prodotto dai docenti e ispezionare la qualità di tali materiali con l’ausilio di ispettori ministeriali.
Gli studenti devono poter accedere a tutti i materiali prodotti dai docenti delle Istituzioni scolastiche;
• La spesa per “libri di testo” ormai è inaccettabile e va sostituita con l’acquisto di strumenti informatici che ormai sono indispensabili, e il loro utilizzo dovrebbe restare obbligatorio in luogo di libri e penne anche dopo la fase di emergenza;
• Il Ministero deve rimuovere ostacoli alla tipologia di oggetti acquistabili con il buono, includendo microscopi, telescopi, stampanti 3D e altri strumenti precedentemente non inclusi;
• Evitare di reiterare la burocrazia REALE anche a livello VIRTUALE. Il costo della burocrazia, diretto ed indiretto e addirittura di “premio” per chi ne produce altra, è inaccettabile e va rimosso;
• Chiarire DEFINITIVAMENTE la FINE della stagione dei “programmi” di cui ancora purtroppo si parla, di valore del titolo legale, puntando sulla qualità attraverso il punteggio conseguito da 6 a 10 nei cinque anni, tradotto in centesimi.
E’ necessario puntare a competenze disciplinari integrate a quelle informatiche che ormai già da anni sono indispensabili in qualsiasi settore produttivo, lavorativo, professionale.
La scuola deve rappresentare una possibilità di mettere in luce e valorizzare le intelligenze e deve pertanto affrancarsi dal rappresentare il luogo di produzione di un titolo “debole” da far valere poi a volte anche in danno ai migliori, attraverso le logiche non meritocratiche diffuse;
• Superamento del concetto di privacy come “assenza di trasparenza” o come “insieme di ostacoli per render difficile ciò che è facile” ed apertura maggiore delle informazioni delle Istituzioni scolastiche;
• Evitare assunzioni, concorsi e illusioni in un periodo così difficile di riorganizzazione, per evitare pasticci che poi diventano sistematici;
Sicuramente ci sono tante altre questioni ma bisogna ripartire da quelle essenziali o, per dirla nel nostro linguaggio, dei veri e propri contenuti minimi, senza i quali la scuola resta un luogo che ricorda semplicemente gli anni ’20 del secolo scorso, dove le autovalutazioni tutte positive e circolari producono un sistema non competitivo nella realtà.
Sembra che l’evoluzione faccia breccia con molta difficoltà, come sempre costretta a procedere per vie tortuose ma in questo caso l’emergenza ha avuto l’effetto di una insperata accelerazione che però comporta adesso di sostenere una sfida diversa che non può essere affrontata certamente lasciando come prima le cose che già non funzionavano ed aggiungendone magari altre.
Buon lavoro a tutti.