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“Le emozioni e le loro espressioni”, l’emergenza educativa, l’educazione alle emozioni e all’empatia: in allegato un’UdA per la scuola Primaria

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Sono sempre più manifesti le prove della presenza, nelle nostre scuole e nelle nostre famiglie, di stress cronico tra i bambini e gli adolescenti, durante la scuola primaria e secondaria di I grado: bambine e bambini, ragazze e ragazzi di età inferiore ai 15 anni sovente, e con più frequenza di qualche anno fa, sperimentano ansia, irritabilità e problemi collegati al sonno con ripercussioni, talvolta, molto negative sul clima scolastico e sulla diffusione del bullismo, con effetti dirompenti in certi casi (per la vittima e il carnefice) e dell’abbandono scolastico. La promozione della regolazione delle emozioni all’interno dell’ambiente scolastico utilizzando, servendosi, pensando a metodologie didattiche innovative rappresenta uno strumento certamente prezioso per docenti e per genitori finalizzato com’è a ridurre il disagio emotivo e i comportamenti a rischio associati a questo e per promuovere il benessere dei nostri alunni, dei nostri figli e nostro come educatori (docenti o genitori che siamo).

L’empatia, come “preoccupazione”, la solidarietà e il dialogo

L’articolo approfondisce specifici aspetti pedagogici che sono legati alla cosiddetta educazione emotiva che scandisce quella che è l’empatia all’interno di una relazione educativa. Un percorso improntato, necessariamente, alla edificazione di un progetto comunitario che vive la sua dimensione, scolastica in questo caso, di solidarietà e di dialogo. In modo specifico il mio intervento si ispira ad alcuni principi inderogabili per il docente che sono quelli riconducibili alla “preoccupazione empatica” intesa questa, e vissuta, come specifica valorizzazione dell’attenzione verso se stessi, nella funzione di docente, verso gli altri, i nostri alunni che vivono meglio in questo dialogo empatico irrobustito, e verso l’umanità, la comunità in cui viviamo e, naturalmente, nella sua complessità, il mondo. Si è parlato di ciò nel corso di un pregevole convegno di studio promosso a Palermo da alcuni Rotary. Il “Coraggio di educare, oggi”, questo il tema dell’incontro promosso dai Rotary Club Palermo Monreale presieduto da Gina Di Prima, il Rotary Club Palermo Sud, presieduto da Salvatore Caldara e il Rotary Club Palermo Libertà presieduto da Annalisa Guercio. L’evento ha visto coinvolto il prof. Giuseppe Savagnone, la prof.ssa Marzia Snaiderbaur che ha introdotto e concluso i lavori e chi scrive. L’articolo ripropone un momento fondamentale del percorso proposto.

Programmi di formazione sull’empatia in servizio

è questo il momento storico nel quale, mai era successo prima, i docenti, talvolta i genitori, sono alla ricerca di veri e propri programmi di formazione sull’empatia. Possiamo definire questi programmi “come qualsiasi metodo di formazione (ad esempio didattico, esperienziale o consapevolezza) dedicato alla promozione, allo sviluppo o al miglioramento delle capacità empatiche”. Si tratta, in sostanza, di percorsi in grado di fornire indicazioni e raccomandazioni chiare nella formazione dei docenti nelle competenze empatiche. Ma quanto sono efficaci i metodi di formazione sull’empatia per la qualità del servizio percepita, il valore e la soddisfazione del nostro alunno e delle nostre famiglie? Il Convegno ha cercato di fornire delle risposte adeguate che qui raccogliamo. Servono, lo abbiamo ripetuto più volte, e sono indispensabili, nuove (o rinnovate) forme di coinvolgimento di tipo cognitivo e di tipo affettivo che sappiano dare giusta dimensione al grande potere che hanno le emozioni e concretizzino una scuola che sappia andare oltre lo steccato infruttuoso del semplice sentimento empatico e sappia pianificare una significativa e ben strutturata azione di aiuto concreta.

L’entropatia

L’empatia o l’entropatia (Hussel), è una parte fondamentale dell’essere umano; nella dimensione pedagogica ed educativa è impossibile ritenere di potersi rapportare con gli altri e con se stessi senza che essa sia presente. Come sarebbe possibile comunicare, scrive Berlingreri, se all’educatore non “gli riuscisse di vedere il mondo come lo vede l’educando, vestendo i panni, come siamo soliti esprimerci, immergendosi, anche solo per pochi istanti nella sua situazione esistenziale”. L’empatia, di cui si parla, forse troppo abbondantemente in questo momento storico, non senza, talvolta, esagerare nelle deduzioni, è un’emozione, una forma di risonanza emotiva per mezzo della quale, e con la forza della quale, l’universo e il mondo interiore dell’altro diventa a noi meno oscuro e, in taluni casi, addirittura, noto. In realtà, inutile negarlo, l’empatia ci porta, ci conduce, verso una conoscenza nuova dell’altro. Ne hanno parlato filosofi, poeti, religiosi di ogni confessione. L’empatia porta una “conoscenza nuova”.

L’empatia porta una “conoscenza nuova”

L’empatia, fenomeno interpersonale, si riferisce alla condivisione e alla comprensione dei pensieri e dei sentimenti di altre persone e alla cura del loro benessere. È convinzione comune che l’empatia sia un importante ingrediente nei processi interpersonali. Alcuni studi che hanno posto in evidenza che esiste una compromissione del funzionamento sociale derivato da un palese deficit di empatia in una serie di condizioni neuropsichiatriche. A tutti noi è noto come l’insegnamento sia da considerare un’interazione sociale che coinvolge, congiuntamente e simultaneamente, un allievo e un insegnante che è anche da considerare e da misurare come inseparabile dall’empatia. L’empatia dell’insegnante, che coinvolge elementi cognitivi e affettivi, infatti, ha in sé e implica una comprensione completa della situazione degli studenti che condividono le emozioni. Anche perché, come afferma Daniela Dato (2016), l’educare alle emozioni rappresenta la più importante opera educativa; opera e stile che dovrebbero essere insegnati a ciascuno e per tutto l’arco della vita. Educare, dall’altronde, «implica mettere se stessi al servizio della crescita dell’altro».

L’empatia dell’insegnante

Le ricerche, dunque, sottolineano con maggiore evidenza, che l’empatia dell’insegnante, «consiste nel comprendere in modo completo la situazione degli studenti, condividere le emozioni positive e negative degli studenti ed esprimere cura per loro attraverso le loro azioni» (Ronen, 2020, p. 25).

La metodologia: la formazione dell’empatia autentica

La formazione dell’empatia autentica per Berkovich richiede, però, un percorso comune di elaborazione dei significati, intimi e veri, profondi, delle parole che utilizziamo e che arricchiscono il vocabolario che risulta essere essenziale, nei rapporti umani. Questa è la vera condivisione dei valori, quelli che ci permette di giungere, senza traumi, senza infingimenti, senza distrazioni epistemologiche, a quello che Bellingreri si definisce “reciproco riconoscimento all’interno di un più vasto universo di senso.

Creare empatia richiede attenzione e impegno

Creare empatia richiede attenzione e impegno. Quando i giovani vivono empaticamente le relazioni umane e sviluppano percorsi di empatia, risultando essi stessi empatici, mostrano:

  • Più impegno in classe e nelle dinamiche relazionali ed educativa
  • Risultati scolastici più apprezzabili, quanto mai necessari in taluni contesti educativi e formativi
  • Migliori capacità di comunicazione
  • Minore probabilità di essere vittime di bullismo o di essere essi stessi “carnefici”
  • Comportamenti meno aggressivi e disturbi emotivi meno accentuati e, praticamente, meno inficianti il processo o, meglio, il percorso educativo
  • Relazioni più positive ad ogni livello e con qualsivoglia attore della comunità scolastica (inteso, esso, nella poliedrica possibilità anagrafica e di ruolo).

Promuovere empatia

Non serve “mettersi nei panni di qualcun altro”, però. In che senso? Le ricerche hanno dimostrato, ma anche l’esperienza personale, che c’è di più nello sviluppo dell’empatia che richiedere, in modo assolutamente poco efficace, agli studenti della propria classe, di un gruppo, di, e qui si utilizza una espressione spesso ricorrente tra gli insegnanti, “mettersi nei panni di qualcun altro”. Come se fosse possibile sostituirsi, nella molteplicità delle caratterizzazioni e peculiarità di altra persona o, in classe, di altro compagno.

Capire l’empatia come? È necessario prendersi cura di loro e valorizzarli

La parola empatia è molto usata, ma cosa significa veramente? La usiamo in ogni contesto e ripetiamo costantemente “sono empatico”, “provo empatia per quel mio compagno”, “reagisco empaticamente ai dolori e alle gioie dei miei alunni”. Ma basta affermare ciò? L’empatia è una risposta preoccupata ai sentimenti di un’altra persona. Dunque, prima componente indispensabile, potremmo dire, è la “preoccupazione”. Scrive Elena Mignosi «La motivazione non solo al prendersi cura dei bambini piccoli, ma anche ad interagire significativamente con loro ha, negli adulti, ragioni biologiche e psicoemotive: la “situazione di bisogno”, la fragilità e la dipendenza dei piccoli, attivano, infatti, l’empatia e la capacità di risonanza e di accettazione emozionale. D’altro canto, il bambino può costituire uno stimolo gratificante che promuove, in chi interagisce con lui, un’esperienza soggettiva di piacere». Per avere empatia, dobbiamo, dunque, notare e comprendere i sentimenti degli altri, ma non è sufficiente questo. Non è solo questa la condizione che ci permette di essere empatici davvero. Ed è qui che subentra un altro elemento che non possiamo trascurare o non possiamo ritenere marginale.

Prenderci cura di loro

Dobbiamo anche prenderci cura di loro e dobbiamo pienamente e formalmente valorizzarli. Beh, in questo caso le parole del caso, servono a poco. Il dire termini, più o meno aulici, per circostanza in moltissimi casi, produce pochissima empatia. E, per la verità, non la possiamo ritenere determinante in un approccio empatico con qualsivoglia alunno con il quale si istaura un rapporto educativo, anche se privilegiato. Se consideriamo, anche i truffatori, gli stessi torturatori, sono molto bravi a cogliere le prospettive degli altri, ma non provano empatia per loro. Anzi. Dobbiamo costruire empatia perché non sempre si sviluppa da sola. Ciò è necessario e indispensabile per costruire una comunità scolastica.

Passare dall’empatia all’azione

Spesso, inconsapevolmente, cadiamo tutti, anche il diversamente giovane, noi stessi, nel divario empatia-azione, quando ci preoccupiamo, talvolta in maniera smisurata, per una persona o per una causa che ha determinato dolore o preoccupazione (insomma, una sofferenza) in quella persona ma non facciamo nulla (o non sappiamo come fare) per aiutare quella persona.

“Le emozioni e le loro espressioni”

L’UdA “Le emozioni e le loro espressioni” realizzata dal prof. Piergiovanni Alisena è destinata ad alunni della scuola Primaria. Un plauso all’Istituto Comprensivo di Bagnolo Mella (BS), diretto dalla brillante Dirigente Scolastico dott.ssa Francesca Svanera, per il grande contributo metodologico e didattico fornito all’approccio emozionale ed empatico.

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