Lavoro dopo la pensione, quando si rischia la revoca per cessazione fittizia?
Assunzione dopo la pensione da parte dello stesso datore di lavoro, quando si rischia la revoca della pensione?
Sempre più spesso chi accede alla pensione non vuole smettere definitivamente di lavorare. Molto spesso questa scelta è dettata da esigenze economiche: la pensione non eguaglia sicuramente l’ultimo stipendio e trovarsi con un reddito inferiore spinge diversi pensionati a riprendere l’attività lavorativa. Altre volte la scelta di continuare a lavorare è dettata, invece, dalla noia o dal piacere di continuare a sentirsi attivi.
In ogni caso, i pensionati temono, nella maggior parte dei casi, di mettere a rischio la propria pensione ricominciando a lavorare. Abbiamo chiarito che con la maggior parte delle misure previdenziali questo non accade.
In questo articolo risponderemo all’interrogativo di un nostro lettore che ci chiede:
Vi ringrazio di aver chiarito l’argomento relativo alla ripresa del lavoro da parte dei pensionati.
Vi pongo il mio quesito che rientra in questo ambito con un dettaglio ulteriore che mi sembra non sia trascurabile: ritorno al lavoro nella stessa società.
Ho 63 anni e, nel rispetto della normativa in vigore, sono in pensione anticipata dal 1/10/2021.
Ero direttore commerciale in una società manifatturiera e oggi, siamo a metà gennaio 2022, la stessa società mi propone di rientrare con lo stesso incarico e lo stesso inquadramento di dirigente.
Trascorsi quasi 4 mesi, si corre ancora il rischio che l’operazione possa essere “male interpretata” dall’INPS?
Ringrazio dell’attenzione e saluto con cordialità.
Lavoro dopo pensione, per quale azienda?
Accedere alla pensione, per i lavoratori dipendenti, richiede la cessazione del rapporto di lavoro. Ma non vieta, nella maggior parte dei casi, di riprendere l’attività lavorativa dopo la decorrenza del trattamento.
Se si inizia a lavorare per una azienda diversa da quella che si è lasciata per accedere alla pensione, è possibile iniziare l’attività lavorativa anche senza nessuna pausa (cessazione dal lavoro 3o novembre, decorrenza pensione 1 dicembre, inizio nuovo lavoro 1 dicembre).
Se, invece, si intende riprendere l’attività lavorativa per la stessa azienda è necessario far trascorrere almeno un giorno per non permettere all’INPS di sospettare che si sia trattato una falsa dimissione (seguendo l’esempio di prima cessazione dal lavoro il 30 novembre, nuova assunzione 2 dicembre). La nuova assunzione, in ogni caso, deve essere successiva alla decorrenza della pensione per non vedersi respingere la domanda dall’INPS.
In ogni caso l’INPS per evitare le finte dimissioni controlla tutti i documenti che attestino che l’attività di lavoro esistente prima della pensione sia realmente cessata con l’invio obbligatorio delle dimissioni e della cessazione, con la liquidazione di ferie, TFR ecc…
Il rischio che si corre, in ogni caso, è rappresentato dal fatto che l’INPS possa considerare il licenziamento fittizio: se ci si dimette, si ha decorrenza della pensione e riassunzione da parte dello stesso datore di lavoro alle stesse condizioni precedenti le dimissioni, infatti, l’INPS può presumere che li rapporto di lavoro non sia mai terminato e proprio per questo, venendo meno il bisogno economico, potrebbe revocare il trattamento previdenziale.
Attenzione, non è sufficiente far trascorrere diversi mesi tra la cessazione e la riassunzione per superare la presunzione di una cessazione fittizia. Bisogna, quindi, prestare attenzione alle caratteristiche della nuova assunzione ed accertarsi che il nuovo rapporto di lavoro abbia caratteristiche rispetto a quello precedente.
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