Lavorare in campagna accorcia la vita e l’istruzione non c’entra nulla

A differenza di un diffuso luogo comune, vivere e lavorare in campagna accorcia e non allunga la vita di una persona. A dimostrarlo uno studio condotto dallo Schaeffer Center for Health Policy & Economics dell’Università della California del Sud, pubblicata su The Journal of Rural Health
Secondo lo studio, gli uomini che vivono nelle aree rurali raggiungono i 60 anni con una prospettiva di vita inferiore di circa due anni rispetto a quelli delle aree urbane. Questa differenza è quasi triplicata rispetto a venti anni fa. Inoltre, gli uomini rurali possono aspettarsi di vivere 1,8 anni in meno in buona salute rispetto ai loro coetanei urbani. Per le donne, sebbene esista un divario simile, la crescita di questa disparità è stata più lenta.
I dati raccolti dimostrano come le comunità rurali siano caratterizzate da una maggiore prevalenza di malattie croniche, il che complica il percorso verso un invecchiamento sano.
Lo studio ha anche indagato il ruolo dell’istruzione nel divario di salute. Precedenti ricerche avevano già dimostrato che un livello di istruzione inferiore aumenta il rischio di “morti della disperazione”, come suicidi o overdose. Tuttavia, anche dopo aver adeguato i livelli di istruzione delle aree rurali a quelli delle aree urbane, le disparità non scompaiono completamente. Ciò suggerisce che altri fattori geografici e sociali giocano un ruolo significativo.
Una ricerca che suona come sinistro auspicio per l’iniziativa del “Servizio civile agricolo” voluto dal Ministro Lollobrigida, il cui decreto sarà pubblicato giorno 2 ottobre e che coinvolgerà un migliaio di giovani tra i 18 e 28 anni.