L’autonomia differenziata non ha funzionato, la Svezia vuole fare marcia indietro. Il congresso degli insegnanti svedesi fa discutere

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Nel suo primo congresso, il nuovo sindacato svedese degli insegnanti Sveriges Lärare (Swedish Teachers’ Union – STU), nato dalla fusione di due principali sigle del settore, ha fatto un’amara valutazione degli effetti della devoluzione del sistema scolastico pubblico agli enti locali, avviata negli anni Novanta.

La riforma, illustrata ai colleghi stranieri presenti tra cui la delegazione della Uil Scuola Rua, nella persona di Rossella Benedetti, non ha prodotto i risultati attesi di maggiore efficienza, anzi ha alimentato disuguaglianze e segregazione sociale nella scuola svedese.

“L’aver affidato l’organizzazione e il finanziamento delle scuole ai comuni ha fatto crescere le disparità tra gli istituti e tra gli studenti”, ha spiegato la neoeletta presidente Anna Olskog. “Il 15% degli adolescenti non ha oggi le competenze per affrontare le superiori”.

Secondo il sindacato, la devoluzione e i tagli ai finanziamenti hanno portato a un calo della qualità dell’istruzione pubblica, con un ricorso sempre maggiore a personale non qualificato a scapito di insegnanti formati. Il meccanismo di differenziazione salariale affidato ai presidi non ha inoltre prodotto alcun miglioramento degli apprendimenti.

La ministra dell’Istruzione svedese, presente al congresso, ha ammesso l’errore e annunciato un’inversione di rotta, con l’intenzione di riportare il sistema sotto il controllo statale per garantire equità ed elevati standard qualitativi.

STU chiede perciò maggiori investimenti, un ripristino del valore degli stipendi docenti e interventi per rimuovere le diseguaglianze e la segregazione createsi tra gli studenti in questi trent’anni di gestione locale delle scuole.

“Supereremo queste disuguaglianze e lavoreremo sui meccanismi per recuperare il valore degli stipendi”, ha promesso Olskog dopo la sua elezione a presidente, affiancata da due vice, un uomo e una donna.

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