L’attacco di Crepet ai genitori: “Sui social danno il peggio. I figli copiano da loro. È tutto molto triste”

Lo psichiatra Paolo Crepet, su Il Messaggero, ha sollevato la questione dell’orrore che sembra stia diventando sempre più normale tra i giovani, particolarmente su piattaforme come i social media.
“Se sono sui social, esisto”, afferma Crepet, sottolineando il pericoloso legame identitario che si è sviluppato tra i giovani e questi canali online. E nel mondo dei social media, il bravo ragazzo non guadagna alcun riconoscimento. Al contrario, “tendiamo a mostrare il peggio perché fa audience”. Questo fenomeno non è nuovo, dice Crepet, citando l’infame esecuzione di Giordano Bruno, a cui assistette un Campo de Fiori gremito.
Ma cosa spinge i giovani a condividere il peggio di sé online? “Se non hai niente da mostrare, mostri la tua imbecillità,” afferma Crepet, ma sostiene che la colpa non dovrebbe ricadere sui ragazzi. I giovani stanno semplicemente emulando gli adulti nelle loro vite, compresi i loro genitori che sono altrettanto attaccati agli smartphone.
Crepet indica anche la scarsità di veri valori, istruzione e interessi tra i giovani di oggi come una delle cause del problema. L’attuale cultura della celebrità effimera, dove anche l’artista emergente è uno youtuber che dura una stagione, offre poco spazio per l’immaginazione e l’approfondimento.
Secondo Crepet, la colpa ricade in gran parte sui genitori che “non sanno dire no” ai loro figli. “La soluzione c’è: quando vediamo che nostro figlio fa qualcosa che non va abbiamo il dovere di dire ‘no, non te lo faccio fare'”.
Crepet pone l’accento su come la spavalderia online spesso si trasforma in atti terribili di violenza, droga e sesso tra i giovani. L’accesso senza filtri a tali contenuti su piattaforme social è spaventoso e contribuisce ad una distorsione della realtà che i giovani stanno affrontando.
Nel mondo di oggi, più che mai, è necessario affrontare l’urgenza di questi problemi e iniziare a porre delle domande difficili sulla direzione in cui stiamo andando come società.