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L’apprendimento per “competenze”, in che modo il PCTO influisce?

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L’apprendimento nella scuola italiana è costituito dall’integrazione tra discipline e competenze, che trovano nel PCTO lo spazio formativo in cui la possibile contraddizione diventa combinazione e integrazione. Nel cambiamento tecnologico in corso la possibilità dello sviluppo economico e della mobilità sociale è data infatti dalle competenze. Ma la competenza senza la disciplina sarebbe un saper fare senza sapere. Come del resto la disciplina, il sapere, non ha possibilità di incidere sulla realtà senza diventare saper fare.

L’integrazione tra discipline e competenze è realizzabile attraverso un ruolo attivo dell’extra-scuola nella progettazione didattica, valorizzando il ruolo della scuola e dei suoi attori tradizionali.

Ciascuna disciplina può sviluppare metodologie di formazione in situazione che garantiscono allo studente l’acquisizione di competenze che potranno essere utilizzate per migliorare l’apprendimento e in seguito per un più agevole inserimento nel mercato del lavoro dopo il diploma, o per una scelta motivata nell’istruzione superiore. La possibilità di personalizzare i progetti, con programmi centrati sugli allievi e sulle loro caratteristiche, consente di utilizzare il PCTO anche come forma di educazione alternativa, finalizzata ad aiutare gli studenti più deboli o a rischio.

In che modo il PCTO influisce nella formazione delle “competenze” negli studenti?

Competenza è la capacità di utilizzare le risorse di cui si è dotati per risolvere problemi reali, nella vita o nel lavoro. Al centro del processo del divenire competenti vi è quindi una forma critica di azione, in quanto la persona è in grado di mobilitare le risorse possedute in termini di conoscenze e abilità, per condurre un compito ad una soluzione valida. La competenza non è riducibile a un sapere disciplinare, ma si serve di questo.

Le competenze raggiungibili dagli studenti che partecipano ad esperienze di PCTO possono essere classificate in differenti categorie:

    1. competenze di base, come acquisire ed interpretare l’informazione, comunicare, collaborare e partecipare;
    1. competenze tecnico-professionali trasversali, come organizzare, pianificare e/o progettare, attivare procedure di lavoro, agire in modo autonomo e responsabile;
    1. competenze tecniche specifiche relativamente all’attività svolta che trovano il coinvolgimento degli insegnamenti delle aree di indirizzo.

    Potrebbe il PCTO costituire una valida proposta formativa di cambiamento nella scuola italiana? Il più significativo cambiamento introdotto da tale percorso formativo è di tipo didattico e si può definire come il passaggio da una concezione quantitativa dell’insegnamento ad una concezione qualitativa che cambia le modalità di trasmissione dei saperi. Lo studente non è più un contenitore da riempire di nozioni, ma un individuo in grado di sviluppare competenze spendibili sia nella vita privata che professionale, utilizzando al meglio le discipline. La tecnologia ha permesso di superare la rigida distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale e il PCTO segna il punto di incontro tra queste due dimensioni del lavoro, integrate nel percorso scolastico.

    L’esperienza lavorativa accresce la motivazione dei ragazzi, li aiuta ad orientarsi per conoscere meglio le proprie vocazioni, permette di acquisire una visione di insieme delle logiche produttive e dei processi aziendali, sviluppa cultura di impresa. Lo studente individua nuovi aspetti della conoscenza legati alla relazione con gli altri, al contesto sociale e territoriale, al mondo dell’impresa e della produzione.

    Si tratta in sintesi di offrire una grande possibilità agli studenti che si stanno formando nelle nostre scuole ed ha lo scopo di avvicinarli al mondo del lavoro, in modo che essi si facciano un’idea sulle varie professioni, su quelle che potrebbero essere interessanti e su quelle invece da scartare. Si tratta dunque di una formazione pratica che si affianca a quella teorica svolta in classe.

    Con questo strumento la scuola italiana si mostra più aperta, più europea, più al servizio della formazione dei nostri ragazzi. Non deve però cedere alla logica utilitaristica dello studio, perché questo strumento può e deve restare tale, senza accelerare i tempi e soprattutto senza togliere il primato alla formazione culturale che negli anni dell’adolescenza ha il grande ruolo e la grande responsabilità di formare anzitutto donne e uomini e si presenta come una sfida davanti alla quale ciascuno, studenti, docenti, imprese, mondo del lavoro, deve fare la sua parte.

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