L’apprendimento “distribuito” e l’integrazione curriculare delle tecnologie digitali nei processi didattici

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L’ingresso delle tecnologie digitali in classe è avvenuto, con più determinazione in questi anni, può definirsi come un processo complesso di tipo multidimensionale a poliedriche dinamiche legate alla cultura digitale, alle competenze degli insegnanti e degli alunni, ma anche e congiuntamente al sostegno delle famiglie e alla capacità, derivante da tutto ciò di innovare  i programmi educativi. Nei primi due decenni del secondo millennio, c’è stata una crescita esponenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle nostre scuole e in tantissimi contesti formativi. Ciò ha alternato la struttura tradizionale dei contesti educativi (istruzione a distanza e pratiche formativi in presenza).

L’apprendimento “distribuito”

Si afferma, dunque, il cosiddetto apprendimento “distribuito”. Il mondo nel quale viviamo è iperconnesso. Gli artefatti tecnologici e le reti sono fondamenti con i quali, ciascuno di noi, interagisce continuamente, anche se, talvolta, ciò avviene in maniera inconsapevole. Feenberg insiste sul fatto che il digitale è integrato in tutte le interazioni della nostra quotidianità. Viviamo gli spazi virtuali e ciò lo facciamo anche quando insegniamo. Si tratta, dunque, di una sfida pedagogica in cui dobbiamo integrare, con ovvietà, quelli che sono i importanti cambiamenti digitali che interagiscono e contribuiscono, talvolta determinano i processi finalizzati alla costruzione della conoscenza. Le tecnologie digitali, in tale modalità, vanno classificati come principi e fondamenti di conciliazione dei processi di apprendimento-insegnamento e donano agli insegnanti la probabilità di frantumare quello che è stato un modello di tipo gerarchico tramandato e stereotipato come con compiutezza afferma Sorensen, modellando complessi di elementi e articolazioni di reti nei quali gli alunni, così organizzati interagiscono, costruiscono collegialmente le loro individualità sulla base di quanto sperimentato in contesti definiti informali, scrivono, leggono, imparano. I processi di insegnamento-apprendimento, così definiti, così organizzati, devono essere intesi, in tali ambienti, come percorsi organizzati di assemblaggio e, congiuntamente e più diffusamente, come mezzi attraverso i quali  organizzare coesione di alunni, di docenti, di tecnologie multimediali e digitali, programmi di studio, progetti e percorsi di lavoro, spazi organizzati studiorum e artificiose modalità di valutazione.

Gli alunni e l’iperconnettività di Reig

Scrive Reig che i nostri alunni, come ciascuno di noi, d’altronde,  nella loro quotidianità vivono compiutamente e intensamente vivono l’esercizio tecnologico e digitale dell’iperconnettività. Si tratta di un elemento di mediazione in quelli che sono da considerare i rapporti vicendevoli tra la tecnologia, nella sua poliedrica organizzazione e determinazione, e gli alunni, gli insegnanti, ciascuno di noi. Possiamo affermare che, per alcuni, può ritenersi e definirsi come una terza forza evolutiva dell’umanità. Sarà così? Vedremo la sua evoluzione ma indubbiamente si va verso questa modalità. Ferrés, ritiene che gli schemi psicosociali degli individui (dunque, dei nostri alunni e nostri) sono in continuo cambiamento permettendo, così, a ciascuno di noi di adoperare le culture di cui disponiamo per generare nuove prassi. Le scuole, l’educazione e l’istruzione devono impegnarsi per rendere competenti gli alunni, dotandoli così di quelle abilità necessarie per esercitare i propri diritti, in un contesto sociale e civico così complesso, come cives che partecipano attivamente alla trasformazione della loro comunità e, nel complesso, della società.

Le tecnologie digitali nei contesti formativi

Alcuni ricercatori (Askar, Foster, Washbon e Akcil) ritengono che esista una consolidata e determinata relazione tra il miglioramento delle tecnologie di tipo digitali e l’esito positivo delle valutazioni e della spendibilità delle competenze nel mondo del lavoro degli alunni di questo secolo. Integrare le tecnologie nei processi di apprendimento-insegnamento risulta essere un percorso molto  complesso e in maniera caratteristica di tipo multidimensionale che coinvolge in tale pista operativa alcuni elementi come:

  • cultura
  • gestione delle tecnologie
  • operatività multimediale
  • docenti
  • alunni
  • le famiglie
  • programmi educativi.

Essendo numerosi e poliedrici i modelli di integrazione tecnologica che sono definiti dalla teoria dell’apprendimento adottata è complicato individuare una univoca modalità di intervento nelle classi. A ciò contribuiscono, altrimenti e parimenti, i continui mutamenti nel rapporto esistente tra l’istruzione e la tecnologia. Non è “possibile pensare all’educazione – sottolinea Spector – senza pensare alle tecnologie che possono supportare i processi di insegnamento-apprendimento”.

I diversi modelli di integrazione delle tecnologie

Sono molteplici i modelli e le teorie per garantire una efficace e non traumatica integrazione delle tecnologie nei nostri contesti educativi, nelle nostre classi, pensati e ideati per supportare i docenti in tale processo. I sette framework che utilizzati in maniera tale da potersi integrare e, talvolta, completare, sono:

  • Teoria unificata dell’accettazione e dell’uso della tecnologia (UTAUT)
  • Theory of Planned Behavior (TPB)
  • The Teacher Thoughts and Action Process Model (TTAP)
  • Modello di accettazione della tecnologia (TAM)
  • Conoscenza tecnologica, pedagogica e dei contenuti (TPACK)
  • Substitution Augmentation Modification Ridefinizione (SAMR)
  • Expectancy-Value Theory of Achievement Motivation (EVTAM).

La formazione degli insegnanti

Come in ogni contesto, anche in questo, è fondamentale il processo di formazione della classe docente che deve operare in classe e non solo dei doceti neoassunti, troppo pochi rispetto alla grande platea di docenti che giornalmente insegnano senza una vera e adeguata competenza digitale. Per la verità ci sono atteggiamenti positivi di alcuni docenti verso le tecnologie digitali e, in modo particolare, verso il loro utilizzo a livello formativo; però la formazione sulla modalità pedagogica del loro utilizzo in classe rimane molto, se non troppo, inadeguata. Ai nostri docenti (non a tutti, evidentemente) mancano le opportunità per osservare, direttamente, la modalità per sperimentare le tecnologie digitali nel loro utilizzo in classe. Valverde evidenzia che c’è:

  • mancanza di conoscenza, ma anche di esperienza, dimostrazione e osservazione dell’uso delle tecnologie digitali in classe;
  • consulenza tecnico-pedagogica per la progettazione quasi inesistente
  • sviluppo di risorse educative digitali e per l’uso dei media inadeguato, talvolta, alle nostre classi e ai nostri alunni;
  • presenza di gruppi di docenti per i quali è negativo e dunque assente il lavoro collaborativo;
  • atteggiamento negativo e di rifiuto, per certuni, delle tecnologie;
  • scarsa conoscenza del ruolo delle tecnologie nell’istruzione;
  • valutazione inesistente o inadeguata della competenza digitale degli insegnanti, limitata, ormai, solo ai neoassunti;
  • mancanza di motivazione e incentivi per integrazione efficacia delle tecnologie in classe.

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