“L’ansia degli studenti è generazionale. Anche se la Dad ha lasciato gap alle discipline e allo stare insieme dei ragazzi”. INTERVISTA al preside Domenico Guglielmo

Ansia, stress, disagio. Sono i sentimenti più frequenti avvertiti dagli studenti di scuola secondaria di secondo grado. I motivi? Sensibilità, senso di inadeguatezza verso lo studio di una o più discipline, problemi familiari. E il post-covid e post Dad.
A lanciare in modo evidente l’allarme nei giorni scorsi sono stati gli studenti del liceo Berchet di Milano, che attraverso un sondaggio, hanno mostrato il proprio disagio nei confronti del loro “stare a scuola”.
Nonostante si siano legati tali sentimenti ad un aumento dei trasferimenti degli studenti dall’istituto milanese, il dirigente scolastico Domenico Guglielmo smonta tale legame e, intervenuto su Orizzonte Scuola, cerca di ripristinare il giusto quadro della situazione.
“Quello dei trasferimenti non è il problema, rientrano nei numeri ordinari. Il sondaggio piuttosto mette in evidenza il fenomeno sempre più diffuso dell’ansia, un terzo degli studenti ci ha segnalato il problema che io ritengo sia propriamente generazionale“.
E cosa state facendo per affrontare il problema?
Stiamo cercando di affrontare tutti i pezzi di ansia. Perché non è una sola ma di tanti tipi e insieme ai docenti adesso stiamo cercando di capire cosa fare concretamente, dove intervenire.
A proposito di docenti: alcuni genitori si sono lamentati di metodi di insegnamento.
Solo un genitore mi risulta e comunque non è emerso questo nemmeno dal sondaggio. Semmai, con il corpo docente dovremmo lavorare sulla comunicazione, cercare di renderla più adeguata proprio per andare incontro a queste fragilità che i ragazzi ci hanno segnalato.
Quanto hanno inciso la Dad e la pandemia in tale contesto?
La DAd ha inciso sul percorso ordinario. Questo tipo di gap che si è creato negli studenti genera ansia. Se, ad esempio, non riconosco di avere una certa competenza, allora entro in ansia. E per questo dobbiamo intervenire in maniera più specifica. E un pezzo di ansia si risolve così. Noi poi abbiamo pensato, per i ragazzi del primo anno, corsi di riallineamento di italiano e matematica oppure studiare il pomeriggio sotto la supervisione di un docente. Poi, sempre derivato dal covid, c’è anche la non abitudine a non stare assieme e quindi bisognerà ricostruire il tessuto sociale. Dobbiamo trovare le motivazioni di questa ansia. Poi, gli stessi ragazzi, mi hanno detto di come anche le trasmissioni veloci delle informazioni a cui ormai siamo abituati siano altri fattori di ansia.
Cosa pensa del docente tutor? Potrebbe aiutare veramente?
Al momento non abbiamo evidenze e sicuramente cercheremo di applicare al meglio le indicazioni per questa figura. In base a quanto sappiamo, sì, forse potrebbe essere utile.
E lo psicologo a scuola?
Noi lo abbiamo da tanti anni e abbiamo anche avuto questa figura durante con il covid per supportare i docenti e Ata. Siccome c’è una quota di ansia legata a situazioni personali, sicuramente lo psicologo nelle scuole può senza dubbio essere utile per aiutare gli studenti