L’America si interroga sul “ragazzo qualunque” che voleva uccidere Trump: “Bravo a scuola, ma era bullizzato”

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“Voglio capire cosa diavolo sia successo”. Le parole del padre di Thomas Matthew Crooks, pronunciate a un giornalista, risuonano cariche di sgomento e incredulità. Il figlio, un ragazzo di vent’anni descritto come “solitario” e “riservato”, è l’autore del tentato omicidio di Donald Trump, sventato sabato scorso a Las Vegas.

Mentre l’America si interroga sulle motivazioni di questo gesto estremo, gli inquirenti cercano di ricostruire il profilo di Crooks, scavando nel suo passato alla ricerca di indizi che possano spiegare l’accaduto.

Diplomatosi due anni fa, il giovane non sembrava avere particolari problemi, se non una certa difficoltà a socializzare. Alcuni compagni di scuola lo descrivono come un ragazzo “strano”, “bullizzato” e appassionato di armi. Una passione testimoniata dalla maglietta di Demolition Ranch, un canale Youtube dedicato alle armi, che indossava al momento dell’arresto.

Crooks non aveva precedenti penali e lavorava nella mensa di una casa di cura. Un vicino di casa ha parlato di presunti dissidi con il padre, ma si tratta di un’informazione ancora da verificare.

L’FBI sta analizzando i profili social del ragazzo, alla ricerca di elementi che possano far luce sulle sue idee politiche e sulle sue motivazioni. Al momento, però, non sono emersi legami con gruppi estremisti o ideologie violente.

Dalle indagini è emerso che Crooks si era procurato legalmente il fucile, un AR-15, sei mesi fa. Un dato che ripropone il tema, tristemente noto negli Stati Uniti, della facilità di accesso alle armi, soprattutto da parte dei più giovani.

Mentre l’indagine prosegue, l’America si interroga su come sia possibile che un “ragazzo qualunque” possa trasformarsi in un potenziale assassino. Un interrogativo scomodo che costringe a fare i conti con le contraddizioni di una società dove la violenza, alimentata dalla facilità di accesso alle armi e da un diffuso disagio sociale, rischia di diventare la risposta sbagliata a un malessere profondo.

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