L’abbraccio (fisico o virtuale) tra docenti e studenti: costruisce relazione e facilita l’apprendimento

Cos’è un abbraccio se non il superamento della dimensione fisica, un gesto simbolico che diventa riconoscimento reciproco: l’abbraccio, nel contesto scolastico, rappresenta una forma di accoglienza profonda. E’ fisicità, ma anche emotività, spazio di contenimento o di sicurezza, veicolo relazionale primario tra docente e studente.
Cos’è un abbraccio se non un segno comunicativo che ci dice di “esserci”, di “tenere insieme” l’altro senza invaderlo, pone le basi per una relazione fondata sull’ascolto e sulla fiducia. Cos’è se non una metafora.
L’empatia come fondamento della relazione educativa
Conferma la visione il pensiero di Carl Rogers, che attribuisce all’empatia un ruolo centrale nel processo educativo. Secondo Rogers, il docente autenticamente empatico accoglie il vissuto dell’allievo, sospende il giudizio, si apre a una comprensione profonda dell’altro. Non solo, quindi, trasmissione del sapere, ma costruzione di uno spazio dove l’apprendimento diventa possibile perché radicato in un clima di accettazione e autenticità.
Ridefinisce così il ruolo dell’insegnante: non più semplice mediatore di contenuti, ma figura in grado di offrire una presenza significativa, un riferimento stabile. In questa cornice, l’abbraccio simbolico assume la forma di un atteggiamento interiore, testimonia un’intenzione educativa che si manifesta attraverso piccoli gesti quotidiani.
La sicurezza affettiva come punto di partenza
Riprende questa prospettiva anche John Bowlby, che introduce il concetto di “base sicura”. Ogni studente, per poter esplorare il mondo e apprendere, ha bisogno di sapere di poter fare ritorno a una figura di riferimento che assicuri stabilità, comprensione e protezione. L’insegnante, in questa ottica, funge da punto di ancoraggio affettivo, ed è il suo atteggiamento ad influenzare possibilità dell’allievo di aprirsi alla conoscenza.
Il tutto, purché non sia un atto eccezionale, ma costante, quotidiano che coinvolge tutto l’ambito della comunicazione verbale e non verbale: dagli sguardi, alle parole e perfino ai silenzi. L’abbraccio, anche silenzioso, diventa una sintesi del lavoro educativo nella sua dimensione più profonda.
La relazione affettiva come veicolo di apprendimento
La dimensione relazionale è un potente facilitatore dell’apprendimento. Uno studente che si sente accolto e riconosciuto è più disposto a impegnarsi, affronta con maggiore serenità le sfide, vive il contesto scolastico come uno spazio in cui può sbagliare e crescere.
Sostiene questa visione la didattica relazionale, che pone al centro dell’insegnamento l’autenticità del rapporto tra docente e discente. Non si tratta solo di “piacersi” o “andare d’accordo”, ma di costruire insieme un percorso in cui l’emozione si intreccia con la cognizione, la relazione diventa veicolo e non semplice cornice del sapere.
L’insegnamento come scelta di presenza
Lo ricorda Parker Palmer: “Il cuore dell’insegnamento è nel cuore dell’insegnante”. È nella profondità umana di chi educa che si radica l’efficacia dell’insegnamento. Non nei metodi, nei dispositivi o nelle tecnologie, ma nella relazione viva che si instaura tra due soggettività in cammino.
Lo ribadisce anche Daniele Novara: “Nessun apprendimento senza relazione”. In questa prospettiva, la scuola diventa il luogo in cui ogni gesto educativo è un possibile abbraccio: di senso, di cura, di ascolto.