“La tecnologia in classe sta facendo perdere empatia, non è il diavolo”, però… “Stop agli algoritmi, registro elettronico è boomerang”. Il manifesto

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Nelle ultime settimane è circolato nelle scuole un manifesto dal titolo “Insegnare contro il vento”, che ha raccolto il sostegno di educatori ed esperti. Il documento, pubblicato da Repubblica, sostiene che mentre le nuove tecnologie non sono intrinsecamente cattive, fare affidamento su di esse come mezzo principale di innovazione è fuorviante. I firmatari includono psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, archeologi, geografi, epidemiologi, storici e filosofi, tra cui Luigi Cancrini, Leopoldo Grosso, Alberto Pellai, Silvia Vegetti Finzi, Luigi Zoja, Salvatore Settis, Franco Farinelli, Sara Gandini, Adriano Prosperi e Carlo Sini.

Registro elettronico un boomerang

Alberto Pellai, psicoterapeuta, osserva che molte opportunità di finanziamento, a seguito del PNRR e il progetto di Scuola 4.0, sono legate alla tecnologia digitale, lasciando irrisolti altri bisogni. Sostiene che l’investimento nella formazione degli insegnanti dovrebbe avere la priorità rispetto alla tecnologia digitale, soprattutto considerando che gli studenti più giovani possono avere difficoltà con la regolazione emotiva, l’attenzione e la concentrazione, che sono tutti prerequisiti per l’apprendimento. Pellai cita i registri elettronici come esempio di uno strumento che è diventato più un intralcio che un aiuto, in quanto non consente più la comunicazione tra genitori e figli e genera confusione tra i compagni sui compiti assegnati.

Ruolo insegnanti sempre più marginale

La questione centrale sollevata dal manifesto riguarda il ruolo degli insegnanti, sempre più emarginati e sostituiti dalla tecnologia. Gli autori sostengono che i bisogni emotivi degli studenti devono essere affrontati, non solo attraverso la presenza di psicologi nelle scuole, ma consentendo agli insegnanti di costruire relazioni significative con i loro studenti. Silvia Vegetti Finzi, psicologa e pedagogista, osserva che la priorità nelle scuole dovrebbe essere data alla comunicazione diretta, faccia a faccia piuttosto che agli strumenti digitali, che possono erodere l’empatia.

Non è il diavolo, ma … no a fede cieca

Sebbene il manifesto non demonizzi la tecnologia digitale, mette in guardia contro una fede cieca in essa. Gli autori chiedono una rinnovata attenzione alle relazioni umane e al ruolo degli insegnanti come mentori e guide. Leopoldo Grosso, psicologo e presidente onorario del Gruppo Abele, sottolinea la necessità di un’interazione umana di qualità nelle scuole, in particolare nell’era post-COVID, quando gli studenti possono sentirsi isolati e disconnessi. Sebbene la tecnologia possa essere utile in alcuni casi, non dovrebbe sostituire l’importanza della compassione, la capacità di riconoscere le differenze e il potenziale dei singoli studenti.

Educazione non può essere un protocollo

Il pericolo, secondo il manifesto, è che riducendo l’educazione a istruzioni e protocolli si trascuri il fatto che solo gli esseri umani possono fornire risposte significative alle domande che gli studenti pongono. È responsabilità degli educatori aiutare gli studenti a sviluppare il pensiero critico, la curiosità e l’empatia e prepararli per un mondo in continua evoluzione. Sebbene la tecnologia digitale possa essere uno strumento utile, non sostituisce le relazioni umane e il ruolo degli insegnanti nel plasmare le menti e i cuori dei loro studenti.

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