La storia di uno studente hikikomori: “Ho abbandonato la scuola nei primi mesi delle superiori e l’ho ripresa solo 4 anni dopo. Ecco come ne sono uscito”
Daniele, oggi 23enne, ricorda con chiarezza il momento in cui la sua vita ha preso una svolta inaspettata. Il passaggio dalle medie alle superiori segnò l’inizio di un lento ma inesorabile ritiro dal mondo esterno.
“Ho abbandonato la scuola nei primi mesi delle superiori, e l’ho ripresa solo 4 anni dopo“, racconta a Il Messaggero.
La sua stanza divenne un rifugio, un universo parallelo popolato da film e videogiochi. “I videogiochi diventavano il luogo di rifugio, la dimensione fantastica in cui nascondersi”, spiega Daniele. In questo mondo virtuale, gli errori potevano essere cancellati, offrendo una rassicurante possibilità di ricominciare da capo, un’illusione di controllo che contrastava con la crescente disillusione della realtà.
La sua vita si trasformò in un ciclo di giorni e notti invertiti, segnato da una perdita progressiva del contatto con la scuola e gli amici. “Gli orari erano sfasati: a volte dormivo di giorno, altre di notte. Avevo perso la cognizione del tempo”, ricorda. L’isolamento portò a una grave perdita di peso, un campanello d’allarme che lo fece finalmente rendersi conto della gravità della situazione. “Non avendo orari, spesso saltavo i pasti, così ho perso molto peso. Io stesso non mi rendevo conto di avere un problema, ma da soli è difficile accorgersene: ti adagi in una situazione di confort che diventa sempre più statica. E poi non riesci più a uscirne”.
Dopo tre anni di isolamento, iniziò un lento ma costante processo di apertura. Il supporto di un centro privato, con le sue classi più piccole e un ambiente meno intimidatorio, gli permise di riprendere gli studi. Con pazienza e determinazione, Daniele recuperò gli anni persi e conseguì il diploma. La ritrovata fiducia in se stesso lo portò a riaprirsi alla socialità, intraprendendo un’esperienza di servizio civile con i bambini. “All’inizio mi spaventava l’idea di stare in contatto con così tante persone, ma ora mi trovo bene”, afferma con un sorriso.
Il percorso di Daniele è stato reso possibile anche grazie all’impegno del padre e al supporto dell’associazione Genitori di Hikikomori, un’organizzazione che offre sostegno e consigli alle famiglie che affrontano situazioni simili. “Dire a un ragazzo che si è chiuso in casa che deve andare dallo psicologo è inutile”, spiega Daniele. “Un hikikomori non accetterà mai di uscire per andare in un ospedale, a meno che le conseguenze non siano gravissime. Bisogna andarci piano, magari cercando il coinvolgimento degli amici. Non si possono pretendere subito miracoli, bisogna accettare il fatto che ci vorrà tempo. Ma se ne può uscire, facendo un passo dopo l’altro”.
Il caso riportato riaccende i riflettori su un fenomeno preoccupante che, sebbene originario del Giappone, sta prendendo piede anche in Italia. Secondo i dati allarmanti riportati dal Ministro Valditara, sarebbero circa 50.000 i giovani italiani che vivono in condizioni di isolamento sociale estremo. La storia di questo ragazzo torinese, fortunatamente conclusa con una “rinascita”, deve servire da monito per non sottovalutare i segnali di disagio dei giovani e per costruire una rete di supporto che coinvolga famiglia, scuola e istituzioni.