La storia di Marika, docente e modella: “Specializzata, ma senza cattedra. Ho speso 10mila euro in pochissimo tempo per la mia formazione, costi troppo elevati così viene meno la meritocrazia” [INTERVISTA]

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Il suo video, su Tik Tok, in cui discuteva della sua condizione lavorativa, ha raccolto oltre 200mila visualizzazioni. Marika Faraci, 27 anni, docente specializzata sul sostegno, ma anche modella, in un’intervista a Orizzonte Scuola racconta la sua storia.

Marika ricorda di essere stata una bambina timida e introversa. Durante le superiori, ha scoperto la recitazione, che non solo ha migliorato la sua autostima, ma ha anche arricchito la sua intelligenza emotiva e la prospettiva sociale. Oggi, Marika collabora con diverse agenzie, focalizzandosi sul reclutamento di risorse per film, eventi sportivi e musicali. Il suo sogno, però, rimane l’insegnamento, ma, pur essendo specializzata, non è ancora riuscita a prendere servizio in una scuola.

Il tuo video su Tik Tok in cui parlava della professione docente e delle difficoltà di lavorare al Sud ha avuto oltre 200mila visualizzazioni. Ti aspettavi un simile risultato?

“Non me l’aspettavo, ma è stato un processo molto naturale, perché da sempre mi è piaciuto parlare col pubblico e battermi per cause sociali giuste. Questa volta è una causa sociale che mi riguarda direttamente. Sono, diciamo, contenta di riuscire a dar voce a quella fetta di docenti del Sud che, come me, desiderano ardentemente entrare nel mondo dell’educazione. Essendo una “nativa digitale”, ha sfruttato i social media per far sentire la sua voce e quella dei suoi colleghi.  Spesso leggiamo che mancano docenti di sostegno in varie parti d’Italia, ma nella mia regione (Sicilia) con il Tfa secondaria di secondo grado (preso quest’anno presso Università degli studi di Palermo), non siamo stati chiamati. Purtroppo siamo “obbligati” a prendere diversi master, certificazioni linguistiche, informatica e tanto altro, poiché dopo tanti esami e sacrifici per arrivare a questo punto, é demoralizzante non essere chiamati e non svolgere la professione per la quale ci siamo tanto preparati, quindi spesso si è disposti a continuare con enormi sacrifici anche economici, a prendere ulteriori specializzazioni pur di aumentare il punteggio personale. Ogni corso extra può costare dai 400 fino ai 1800 euro. Nessuno si può permettere di giudicare chi per svariate ragioni sceglie decide di voler lavorare nella propria terra, senza trasferirsi al nord dove le cose lavorativamente sono oggettivamente più semplici, il punto semmai è creare pari opportunità in ogni angolo d’Italia. Dopo tanta preparazione e studi , bisogna poter scegliere liberamente senza mai sentirsi costretti dalle circostanze. Probabilmente sarebbe anche opportuno smettere di specializzare così tanti docenti di sostegno nelle regioni in cui c é tale saturazione. Per non parlare di coloro che vanno all’estero per conseguire il Tfa”.

Raccontaci un po’ di te…

“Da piccola e nella prima adolescenza ero una bambina molto timida, introversa, silenziosa, paffutella e molto studiosa, per alcuni compagni anche troppo. Facevo fatica a socializzare e ad integrarmi nel gruppo classe. Ho avuto la fortuna di avere compagni con disabilità e capitava spesso che ci ritrovavamo nel banco insieme. Eravamo quelli che non voleva nessuno accanto, ovviamente non nego che inizialmente questa cosa un po mi faceva soffrire. Ma con il passare degli anni mi rendevo conto di apprezzare sempre più tale  compagnia, la difendevo e la tutelavo, avevo capito che nessuno si merita di essere escluso, l’avevo provato su me stessa. Imparavo che non è vero che siamo tutti uguali ma siamo tutti diversi e tutti in qualche modo combattiamo una dura lotta ogni giorno (per affermare i nostri pensieri, i nostri ideali e la nostra personalità  anche quando sembra star scomoda agli altri) bisogna sforzarsi di essere sempre comprensivi e gentili. La diversità mi trasmetteva forza, ricchezza, creatività e nuovi punti di vista per osservare e vivere la vita. Non ho mai conosciuto nessuno che avesse la stessa forza, la stessa tenacia e voglia di farcela di un ragazzo diversamente abile e quando il mio umore era giù per piccolezze, mi bastava osservare il mio compagno di banco per capire quanto la vita era un dono unico da non potere sprecare”.

Alle superiori hai studiato recitazione, ti ha aiutato?

“Sì, la mia autostima migliorava, divento molto più aperta e inizio a prendere forza e posizione anche in ambiente scolastico. La recitazione favorisce il role taking come definisce lo psicologo Selman, ovvero assumere la prospettiva di un’altra persona. Permette di sviluppare l’intelligenza emotiva, favorisce le attitudini di stare in squadra, di socializzare, di essere più estroversi, a vedere le cose da più punti di vista.  Ho lavorato anche nel cinema fino a diventare quasi popolare a scuola, da emarginata ed isolata che ero”.

All’università, invece…

Arrivata all’università, avevo tanti amici, amiche e molti che si volevano sedere accanto a me, un ricordo molto lontano dalla bambina di qualche anno prima. Ma decisi di sedermi in prima fila accanto un mio collega con autismo, una mia collega del Kazakistan che parlava pochissimo l’ italiano e un mio vecchio compagno delle superiori, molto introverso e chiuso. Era li che io volevo stare, era li che il mio cuore mi diceva di stare anche quando avrei potuto avere qualsiasi compagno al mio fianco. E ci siamo laureati insieme, abbiamo fatto sempre gruppo dal primo giorno per circa cinque anni. Ognuno di noi aveva del potenziale differente, ci completavamo, ci capivamo e ci aiutavamo e ancora oggi siamo molto amici. Negli anni universitari, ho fatto attività di tutoring per altri colleghi con particolari esigenze, ho continuato a lavorare nel mondo del cinema, dell’arte e dei media, organizzando grandi eventi fino a gestire e selezionare grandi gruppi di risorse umane”.

Raccontaci della tua attività da modella e hostess, ti aiuta molto a migliorarti umanamente…

“Lavoro tutto ora con diverse agenzie e mi occupo di reclutare le risorse, come figurazioni, attori, hostess, steward, per film, eventi sportivi, musicali e culturali. E non c’è gratificazione migliore nel coinvolgere ragazzi e ragazze, che sono timidi o che hanno problemi economici, sociali, psicologici e farli lavorare in gruppo; perché si evince come tutti i problemi della vita quotidiana vengono messi da parte, a favore dell’esperienza di gruppo. Fare questo tipo di attività, in un contesto inclusivo in cui c’è coesione e cooperazione, ci ricorda come lo spirito dell’uomo ha bisogno di essere nutrito. Il lavoro, il gioco, l’amicizia, la scuola, la famiglia: sono queste le cose che contano e che ci fanno star bene, le cose semplici. Spesso mi trovo a selezionare e coordinare gruppi di persone che provengono da vari contesti culturali, differenti etnie e differenti posizioni sociali, per lavorare al medesimo film o evento. Quasi sempre l’outfit viene deciso e dato dall’azienda per cui si lavora, c’è un’unica missione comune da raggiungere e qualunque differenza iniziale sparisce, c’è solo la voglia di raggiungere l’ obiettivo in comune. Ogni risorsa ha la stessa importanza, senza pregiudizi perché nessuno si conosce prima, si parte da quel momento e da quelle mansioni. Si creano legami sociali ed emotivi, che magari nella vita di tutti i giorni, avremmo faticato a sviluppare. La voglia e il sogno di non lasciare nessuno indietro mi accompagna ogni giorno, di stare dalla parte degli “ultimi” e di chi fa più fatica ad emergere. Non si tratta di tutelare la diversità, ma di valorizzare ogni individuo nel suo talento. Dare così vita a un ambiente in cui ognuno possa sentirsi coinvolto, apprezzato e parte di un gruppo”.

Cosa significa per un docente essere nativo digitale e soprattutto in grado di usare i social?

“Oggi essere una docente che sa usare i social significa essere una docente che sa parlare il linguaggio dei loro alunni e può contrastare fenomeni come il cyberbullismo, il revenge porn, fare un’educazione sessuale, un’educazione digitale. Ricordiamo che il docente di sostegno non è il docente di un solo alunno, ma il docente che dà sostegno a tutti. Quindi quando mi vengono a sparlare o a guardare male i miei docenti tradizionali, ognuno è utile, cioè avere delle competenze digitali significa che si possono affrontare in prima persona dei temi. Per quanto riguarda la professione dello spettacolo e del docente, è vero, io sto facendo alcune rinunce nell’ultimo anno, come un famoso programma di Bonolis in cui dovevo fare la valletta, o altre rinunce per curare l’immagine di una docente. Però non voglio rinunciare al sorriso. In classe il docente deve essere il primo che deve portare gioia, deve far venire voglia di vivere, la salute mentale non si può trascurare, il benessere psicologico non si può trascurare. Quindi io l’esempio che voglio dare è sorridiamo alla vita, proviamoci, mettetevi in gioco e se male non fai, paura non avere. Ciò significa che quando tu sei indeciso se fare o non fare una cosa, domandati solo una frase, sto facendo il male a qualcuno? Se la risposta è no, e allora provateci, andate, divertitevi, dovete sempre essere di buon umore e dare positività, voglia di provarci, voglia di giocare, questo è l’esempio che voglio trasmettere. Che il mio sogno principale è quello di diventare docente e non soubrette, quindi molte scelte ovviamente le faccio, purtroppo, perché a me piace il mondo e lo spettacolo dei media, essendo laureata in comunicazione e marketing, ma ho rinunciato alle sfilate in costume, rinuncio a certi lavori in cui magari non potrei dare un’immagine professionale”.

Diverse tue colleghe si sono espresse contro i nuovi percorsi abilitanti. Diventare insegnante è sempre più complicato oltre che dispendioso dal punto di vista economico. Sei d’accordo?

“Sono d’accordo, è stato un fulmine a ciel sereno questa nuova riforma, soprattutto perché potrebbero dare più formazione, cioè in teoria si è fatta per avere dei docenti più formati, ma in pratica sta diventando solamente un sogno possibile ad alcuni ceti sociali, ad alcune persone che economicamente possono affrontare questa strada. Io nell’ultimo periodo ho speso circa 10.000 euro in formazione, che sarebbe TFA, master, patente europea, certificazioni di lingue. Sono dei costi che grazie ai miei genitori che mi possono sostenere e a me che ho un altro lavoro posso affrontare, ma anch’io capisco che non riesco più ad andare avanti perché hanno sempre dei costi troppo elevati e quindi viene meno la meritocrazia, magari il voler fare, ma uno ci pensa tante volte. E mi confronto spesso con i miei colleghi ogni giorno e siamo veramente arrivati economicamente, perché sono dei corsi che costano tanto, che non ti permettono di fare altro come il TFA, perché facendo lezioni e tirocinio ti prende veramente tanto tempo, quindi per favore basta altri titoli, ma utilizziamo un po’ più chi se lo merita, a chi piace davvero fare questo mestiere e non questi costi così elevati al punto che la gente deve rinunciare. Un’altra osservazione, parliamo tanto di inclusione, tolleranza, no pregiudizi e poi? Se una docente che non era stata chiamata, per vivere serviva ai tavoli, ci sarebbero stati tanti commenti negativi? Chi fa dopo scuola, chi assistente all’autonomia, chi cassiera, chi l’avvocato ecc, i colleghi che conosco e hanno fatto il tfa l’anno scorso, la maggior parte si sono sbracciati le maniche e sono tornati ai loro lavori iniziali costretti dalle circostanze. Ogni giorno costoro tra tanta amarezza e delusione si sentono ripetere da amici e parenti “ma tu non eri prof perché fai questa lavoro allora? Quando ti chiamano? Ma perché non ti chiamano? Non hai punti. Non lavorerai mai” Ogni giorno sento colleghi che soffrono di questa situazione, ma con coraggio continuiamo e speriamo in una supplenza breve, in un serale, in ospedale, in carcere, qualunque situazione accetteremo per iniziare a svolgere”.

Ti sei laureata con una tesi su Chiara Ferragni, pensi che possa essere un esempio per i giovani studenti?

“In realtà la mia tesi è stata sull’influencer marketing e il personal branding, Chiara Ferragni è stata una dei casi che ho analizzato. Significa che io sono laureata in marketing e comunicazione. Ovviamente se parliamo di personal branding dobbiamo citare Chiara Ferragni che è stata la prima influencer in Italia. Quando è venuta a Palermo io ho portato la tesi, l’ho fatta leggere e quindi ha apprezzato ovviamente l’elaborato ed è andato molto bene. Purtroppo mi scontro ogni giorno con docenti tradizionali che non capiscono il mio essere nativa digitale, il mio essere social. E questo un po’ si ricollega alla tesi. Dolente o nolente, oggi siamo nella rivoluzione digitale. Oggi è l’era dei video, abbiamo superato pure quella dell’immagine. Prima c’era il cartaceo, poi la radio, poi le immagini. Oggi siamo nell’era dei video. Ci piace o no? Siamo dentro. Non possiamo non capire il funzionamento di questi ingranaggi e soprattutto non possiamo proibire ai giovani di avere i social, ma dobbiamo riuscire a comunicare con loro, riuscire a comunicare con del linguaggio a portata dei nostri alunni. È una chiave vincente”.

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