La storia di Francesco, docente di sostegno: “Può essere scoraggiante ma anche il lavoro più bello del mondo”
La scuola è un ambiente che si nutre di sfide. Francesco Pugliese, un insegnante di sostegno di 43 anni, lo sa bene e lo racconta in un’intervista a La Repubblica.
Con un percorso professionale ricco e vario, tra classi comuni e sostegno, ha scelto di dedicare la sua passione all’inclusione, dimostrando come un approccio umano e paziente possa fare la differenza.
Il suo percorso, iniziato come precario per ben 15 anni, gli ha permesso di maturare esperienze in contesti diversi: dal carcere ai corsi di italiano per stranieri, dalle case famiglie alle pluriclassi in montagna. Queste esperienze gli hanno insegnato l’importanza di un’educazione inclusiva, dove l’insegnante di sostegno non si dedica solo all’alunno con bisogni speciali ma all’intera classe.
Il suo approccio all’insegnamento si basa su un principio fondamentale: se l’insegnante si focalizza solo sul bambino affidato, qualcosa non funziona. Questo concetto, unito alla sua vocazione per il sostegno, lo ha portato a essere non solo un riferimento per gli studenti ma anche una figura centrale nell’ambito della scuola Longhena.
Ma le sfide non mancano. La scarsità di insegnanti di sostegno indebolisce il sistema, portando a difficoltà nel garantire continuità agli studenti. Pugliese evidenzia come l’instabilità possa essere frustrante sia per gli alunni che per gli insegnanti stessi, spingendolo a specializzarsi per garantire una presenza costante.
Il ruolo dell’insegnante di sostegno richiede empatia, capacità relazionali e una visione olistica dell’educazione. Se da un lato gli studenti possono presentare difficoltà, dall’altro portano con sé un pensiero divergente, una risorsa inestimabile per l’intera classe.