La storia di Alisea, maturanda senza docente di sostegno che conosce il Braille. Il padre: “Si parla di inclusione, ma non c’è”

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“Abbiamo sempre avuto un rapporto di fiducia con la scuola, ma ora non possiamo tacere di fronte al diritto allo studio negato a nostra figlia”, dichiara Antonio, padre di Alisea, studentessa, al quinto anno, in un liceo scientifico in provincia di Reggio Calabria.

Alisea, cieca dalla nascita, ha sempre usufruito di insegnanti di sostegno specializzati nel Braille. Quest’anno, nonostante la richiesta di continuità formativa, si è ritrovata con una docente priva di competenze in questo sistema di lettura e scrittura tattile.

“Non appena abbiamo saputo, insieme a mia moglie ci siamo confrontati con la dirigente scolastica, ma a inizio anno abbiamo scoperto la verità: la docente non è specializzata nel Braille. Mia figlia, abituata a risultati brillanti, ha reagito molto male, innalzando un muro e manifestando crisi nervose”, racconta il padre a La Repubblica.

La famiglia, dopo aver tentato invano di ottenere una soluzione dalla dirigente scolastica e dall’Ufficio scolastico provinciale, ha presentato un’istanza legale.

“La dirigente ci ha risposto che tra i 18 docenti di sostegno assegnati al liceo, nessuno possiede le competenze certificate. L’Ufficio scolastico provinciale, invece, tace, violando una sentenza del Consiglio di Stato che impone di ricercare insegnanti specializzati anche al di fuori delle graduatorie”, spiega Cristaldi. Nonostante l’impegno dell’attuale docente di sostegno, che sta cercando di colmare le proprie lacune, e il supporto dell’assistente alla comunicazione (solo 10 ore settimanali), la situazione rimane critica, soprattutto in vista degli esami di maturità.

“Non chiediamo assistenzialismo, ma il riconoscimento di un diritto fondamentale: ogni studente deve avere un insegnante di sostegno adeguato alle proprie esigenze. Altrimenti, dovremo procedere legalmente. Mia figlia mi ha detto: ‘Non possiamo accettare passivamente di essere privati dei nostri diritti’. Si parla tanto di inclusione, ma siamo ancora a questo punto”, conclude il padre, con un velo di amarezza e determinazione.

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