La storia di Alessio, 21 anni con autismo: dall’Alberghiero in pizzeria e al supermercato, la sua inclusione socio-lavorativa

Quando Alessio stava terminando gli studi all’Istituto Alberghiero di Palermo – siamo nel periodo della pandemia – è stato penalizzato perché ha dovuto fare due anni a casa con la DAD e non è riuscito a frequentare il laboratorio previsto nel suo percorso scolastico. Dopo l’Alberghiero, Alessio Gatto, giovane palermitano di 21 anni con autismo grave e una grande passione per il cibo e la ristorazione, sta realizzando due importanti esperienze d’inclusione sociale e lavorativa nel reparto ortofrutta di un supermercato e di aiuto sala in una pizzeria a Palermo.
“Un amico d’infanzia di mio marito che gestisce la pizzeria Il Fedino a Palermo – racconta Tiziana Amato, la mamma di Alessio Gatto -, ci ha proposto: perché non lo portate da noi? Pensavamo fosse uno scherzo, invece abbiamo cominciato questa esperienza. Un vero e proprio tirocinio. A contatto con persone normodotate dopo due anni, seguito da alcuni terapisti che non lo mollano mai, in entrambe le esperienze, avrei potuto chiedere l’assunzione invece preferisco aspettare una completa autonomia di Alessio.”

Oltre che il pomeriggio in pizzeria Alessio lavora in un supermercato la mattina, il Conad “Veneri” di via Don Orione a Palermo, vicino casa sua e dove abitualmente la sua famiglia va a fare la spesa. Qui conoscono Alessio sin da bambino: lo hanno visto in tutte le sue manifestazioni positive e negative affiancato sempre dai terapisti per il raggiungimento delle sue autonomie.
“Trovare delle persone che si dedicano ad un giovane con autismo senza interesse non è scontato – continua Tiziana -. Mio figlio ha un autismo molto grave. Quando sento dire dai colleghi e dai titolari di Alessio: vogliamo che impari e cresca per diventare autonomo, quando dicono: per noi non è un peso – come quando prendi un giovane normodotato per assumerlo e vuoi farlo crescere – per la nostra famiglia è una grande gioia.”

Nelle due esperienze d’inclusione sociale e lavorativa a Palermo, Alessio è seguito da alcuni terapisti-tutor che non lo lasciano mai da solo. Si tratta di Roberta al supermercato e di Dante ed Elvira in pizzeria. I terapisti sono autorizzati a svolgere quest’attività di inclusione sociale e lavorativa e in più la famiglia per maggiore tutela per le aziende e per Alessio paga un’assicurazione.
Alessio continua a fare terapia, non parla in maniera sciolta ma solo quando ha bisogno e a volte non si comprende bene, ma attraverso queste esperienze nel mondo lavorativo sta migliorando tantissimo il suo linguaggio. “Ti faccio degli esempi – spiega Tiziana -, la frutta, a casa ha preso un limone marcio, e sono scoppiata a piangere quando gli ho sentito dire ‘marcio’. Lo ha imparato al supermercato perché imbusta la frutta. I suoi colleghi lo trattano come tutti gli altri, parlano con lui in modo naturale, seguendo alla lettera i consigli dei terapisti. Stessa cosa in pizzeria.”

“Esistono delle regole che Alessio deve eseguire – continua la mamma -, sia al supermercato che in pizzeria, vengono scritte in un ‘Contratto comportamentale’: se lui segue e rispetta le regole scritte dai terapisti e controfirmati sia da Alessio che dai colleghi del lavoro, riceve dei premi. In pizzeria accumula un gettone al giorno e a fine settimana i gettoni servono per avere una pizza di cui lui sceglierà il gusto; al supermercato se rispetta le regole del contratto comportamentale riceve dei “SÌ” e se ne accumula tre, le volte in cui lui andrà al supermercato, riceverà come premio un pacchetto di rais-crakers.”
“In pizzeria si occupa di apparecchiare e organizzare tutto per le serate – continua la madre -, oltre ad apparecchiare i tavoli, prepara i cestini per le salse e i cartoni per le pizze d’asporto, controlla le candele nelle lampade sui tavoli, versa l’olio nelle bottiglie, prepara i cestini di pane, e a volte sistema anche la merce. Sa dove sono le tovaglie e i bicchieri e fa tutto in automatico. Può capitare l’imprevisto: sul tavolo che è abituato a vedere possono esserci degli oggetti ingombranti, come i panetti della pizza. È abituato a lavorare per sequenze, quindi va in tilt. Gli stanno insegnando anche a gestire i cambiamenti. Se trova il tavolo occupato va ad apparecchiarne un altro. Lo stanno allenando a non cominciare sempre dallo stesso tavolo. Per una mente autistica è un traguardo enorme raggiungere queste flessibilità.”

Alessio oggi ha 21 anni “e sta facendo delle esperienze adeguate alla sua età – continua mamma Tiziana -. Oltre alla terapia frequenta il Centro socioeducativo che aiuta i ragazzi con autismo a fare gruppo. Qui Alessio molto spesso apparecchia, divide il pranzo o vede un film insieme al gruppo. Due grandi amici di Alessio sono due ex compagni di scuola normodotati con cui Alessio condivide momenti speciali; una volta al mese organizziamo delle uscite serali grazie alla terapista Elvira. Alessio socializza anche grazie ad altri terapisti che hanno creato un gruppo con ragazzi più o meno dell’età della sua età: con loro una volta a settimana fa delle uscite serali. Vanno al bowling, al pub o per un aperitivo. Sono convinta che ai giovani con autismo serve tutto perché si sperimentano. Alessio ha grosse difficoltà sensoriali, oggi parla un po’ di più, mi dice che gli danno fastidio le grida, e gli suggerisco di aiutare questi ragazzi a non gridare. Anche lui grida, ma sta acquisendo autocontrollo, si rende conto di questa difficoltà per sé stesso e per gli altri intorno, si rivede e cambia il suo atteggiamento.”

I colleghi di Alessio, Salvo Asciutto in pizzeria, e Giuseppe Scalici al supermercato, capiscono che Alessio è uno di loro vedendolo ad esempio come apre la cella frigorifera tenendo un cestino nelle mani mentre col piede chiude uno sportello. Poi usa benissimo la bilancia dei fruttivendoli: deve pensare, conoscere i codici, etichettare e mettere i prodotti in esposizione.
“Se manca un addetto al reparto – continua Tiziana -, Alessio lo sostituisce tranquillamente. I codici li conosce a memoria e questo li rende felici. Dicono che è più bravo di loro. Dopo il lavoro al supermercato dove va tre volte a settimana conclude sempre col fare la spesa per la nostra famiglia, e il pomeriggio va in pizzeria. Gli dò delle consegne da espletare a fine giornata al supermercato. Non si finisce mai d’imparare: l’utilizzo dei soldi è fondamentale, conoscere nuovi reparti, sapere dov’è messo l’uno o l’altro prodotto per allenare la mente.”

Queste esperienze di Alessio sono possibili grazie al fatto che la mamma Tiziana non lavora e si dedica totalmente al figlio, ma è anche grazie ai proprietari, il signor Giuseppe Giaccone del supermercato, e Giuseppe Valenti della pizzeria, che hanno accolto queste esperienze con grande umanità e professionalità. Tutti i colleghi di lavoro di Alessio hanno ascoltato i terapisti ed eseguono alla lettera le strategie suggerite per il loro collega perché possa continuare il suo percorso con serenità e in maniera adeguata.
“Alessio è cambiato molto in questi due anni – racconta Salvo Asciutto, che gestisce la sala in pizzeria -. È abbastanza attento. Si accorge se manca un singolo piatto o un bicchiere. Stiamo provando a fargli fare il servizio ai tavoli, di sera, quando le persone sono già sedute. Stiamo facendo una bella esperienza, di grande crescita per lui e per noi. Alessio con noi è in famiglia. Era solo un bambino quando ci veniva a trovare in pizzeria. Oggi è diventato un uomo. Oggi ha capito che, se io sto parlando, non mi deve interrompere, sta imparando a relazionarsi con il mondo. Lo stiamo aiutando a rispettare le regole sociali: come salutare quando si entra in un posto o incontrando le persone, chiedere il permesso se vuole assaggiare degli ingredienti, abituarlo ad ascoltare quando canticchiamo durante il lavoro – cosa che Alessio sappiamo non gradisce nemmeno a casa -. A volte riusciamo anche a bloccare le sue ecolalie o i suoi modi bizzarri di ridere o saltellare mentre sta apparecchiando i tavoli. Ho preso un impegno con la sua famiglia e voglio portarlo a termine: il nostro obiettivo è che senza alcun aiuto Alessio possa parlare e dialogare con tutti al di là di una pietanza o una bibita da portare al tavolo.”

“All’ortofrutta Alessio si muove in modo disinvolto, apre e usa gli strumenti del mio reparto con naturalezza, mi segue in modo eccezionale – racconta Giuseppe Scalici, responsabile del reparto al supermercato dove lavora Alessio -. Riconosce gli articoli, mettiamo gli ortaggi nelle buste, riconosce un ortaggio marcio e lo elimina. Questo è eccezionale. È cresciuto tanto in questi due anni con noi. Io lo tratto come uno alla pari, mi trovo bene con lui, e la cosa mi soddisfa molto. È un bravo ragazzo e anche simpatico.”
“Sono scelte di vita – conclude infine Tiziana, che oltre ad essere la mamma di Alessio è anche la presidente dell’associazione nazionale ParlAutismo -, bisogna guardare prima di tutto al funzionamento dei propri figli autistici. Io non so quanto dureranno ancora queste esperienze d’inclusione sociale e lavorativa di mio figlio, non so che livello di autonomia raggiungerà, ma la domanda che mi pongo è: perché non cambiare questo nostro sistema inserendo dei tutor che affianchino i nostri ragazzi con disabilità nel mondo lavorativo come succede nel percorso scolastico?
L’invito è anche ai ragazzi normodotati: perché non frequentare i nostri figli autistici? Sono ragazzi a cui piace vedere un film, mangiare una pizza e fare tutto quello che fanno loro. Alle famiglie dei ragazzi con autismo dico che ci vuole un po’ più di coraggio perché i nostri figli sono pieni di risorse su cui bisogna investire sin da piccoli. Devono sempre essere affiancati da terapisti specializzati, e bisogna rivendicare i diritti dei nostri figli, rivolgersi ai legali laddove questi diritti non vengono rispettati. Bisogna accettare i loro limiti, ma bisogna anche costruire percorsi adeguati: che sia nello sport, nell’arte o nell’inclusione sociale e lavorativa. Lavorare sui punti di forza dei nostri ragazzi. Bisogna osare sperando di trovare aziende e luoghi di lavoro che possano accogliere i nostri giovani con autismo per dare loro speranze di vita e opportunità di autonomia. Racconto sempre di Alessio che da piccolo nella sua gravità non stava mai fermo, aveva un’attenzione pari a zero. Non mi sono arresa in tutti questi anni. Oggi mio figlio ha 21 anni e abbiamo raggiunto insieme questi grandi risultati.”