La storia di Alessandro, a 51 anni ancora docente precario: “Senza garanzie, 1500 euro inadeguati per impegno e responsabilità. Il lavoro sommerso non viene pagato”
Alessandro Gaia, 51 anni, insegnante di sostegno a Sorso, racconta la sua esperienza di precarietà nella scuola. Con otto anni di servizio alle spalle, Gaia ha vissuto la frustrazione di contratti a termine e la difficoltà di costruire un futuro stabile.
“Non è tanto la retribuzione a pesare”, spiega a La Nuova Sardegna, “quanto la condizione di incertezza lavorativa”. Un paradosso, secondo Gaia, che sia proprio lo Stato, impegnato nella lotta contro il precariato, a perpetuare questa situazione nel settore scolastico.
L’assunzione a tempo determinato crea un limbo che condiziona le scelte di vita, come la possibilità di ottenere un mutuo. “Senza un contratto a tempo indeterminato, la banca richiede un garante”, sottolinea Gaia. Oltre alla precarietà, anche gli stipendi degli insegnanti italiani sono oggetto di critica. “Le nostre retribuzioni non sono paragonabili a quelle dei colleghi europei”, afferma Gaia. “In Francia e Germania guadagnano il doppio, e la giustificazione del carovita non regge, considerando l’alta inflazione e la pressione fiscale in Italia”.
Ma al di là dei confronti internazionali, i 1.500 euro mensili percepiti da Gaia sono considerati inadeguati rispetto all’impegno e alle responsabilità degli insegnanti. “Le 18 ore settimanali previste da contratto non tengono conto del lavoro sommerso”, spiega Gaia. “La preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, le riunioni con i colleghi: tutto questo viene svolto gratuitamente”. Anche i pagamenti, spesso, non sono puntuali. “Ancora non ho ricevuto lo stipendio di settembre e il TFR”, lamenta Gaia.
Infine, l’insegnante denuncia la disparità di trattamento tra precari e docenti di ruolo. “Svolgiamo lo stesso lavoro, con le stesse responsabilità, ma gli scatti di anzianità sono calcolati diversamente e noi non riceviamo la carta docente”, conclude Gaia. “Questa è discriminazione”.