La Smemoranda è fallita, ma all’asta nessuno rileva il marchio: asta deserta. La storia del simbolo mito per generazioni di studenti

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La storia di Smemoranda, un’agenda iconica in Italia, merita un’analisi approfondita. Nata nel 1979, l’agenda non era solo un semplice strumento di organizzazione: era un simbolo culturale, un rifugio di memorie ed emozioni personali.

Fondatori come Gino e Michele e Nico Colonna avevano creato qualcosa di più di un prodotto: un mezzo per esprimere individualità e passione.

Cresciuta ben oltre le sue umili origini, Smemoranda divenne presto un punto di riferimento generazionale. Artisti e celebrità come Pelù, Jovanotti, Ligabue, Claudio Bisio e molti altri, si sono identificati con questo marchio. Rappresentava una voce controcorrente in un’epoca di crescente superficialità, un simbolo di creatività e impegno culturale. La Smemoranda non era solo un trionfo culturale, ma anche un successo economico clamoroso, con vendite che superavano il milione di copie nei suoi anni migliori.

Nonostante il successo, Smemoranda, ben presto, è andata in crisi. La rivalità con altri marchi, la crisi delle cartolerie e l’introduzione di diari d’istituto obbligatori nelle scuole, hanno eroso la sua posizione dominante. La pandemia di Covid-19 ha inflitto il colpo più duro, compromettendo le vendite e accelerando il declino.

Nonostante il recente fallimento del gruppo Smemoranda (è di marzo 2023, come segnala La Repubblica, la dichiarazione del fallimento del gruppo finanziario Smemoranda Group, esito che si è tentato di scongiurare con lunghe trattative con fornitori, creditori e dipendenti) e l’insuccesso dell’asta per i diritti del marchio che si è tenuta giorni fa, l’eredità di Smemoranda rimane intatta.

L’agenda è diventata una parte indissolubile dell’identità culturale italiana, un simbolo di tempi e memorie condivise. La Smemoranda è più di un prodotto, è un pezzo di storia collettiva. La sua storia continuerà attraverso le voci e i ricordi di coloro che l’hanno amata e utilizzata.

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