La settimana corta è legittima: non esiste alcun principio di affidamento sul tempo scuola di 6 giorni
Dei genitori di alcuni alunni di scuola primaria e di scuola secondaria di primo grado hanno impugnato la deliberazione del Consiglio di Istituto nella parte in cui, modificando il piano triennale dell’offerta formativa stabilisce, l’adozione della settimana corta a cinque giorni per l’intero Istituto e prevede che, con la medesima decorrenza, l’orario delle “classi residuali a sei giorni” sarà riorganizzato su cinque giorni. Si pronuncia il TAR per il Veneto con sentenza 575/24 respingendo il ricorso per i motivi che ora commentiamo.
Il TAR non può sindacare l’azione amministrativa della scuola
Il Collegio condivide l’orientamento secondo cui “in materia scolastica, gli atti di programmazione, per costante giurisprudenza amministrativa, costituiscono atti con finalità generali e contenuto altamente discrezionale, e come tale non sono sindacabili in sede di legittimità se non in presenza di vizi procedimentali e/o di carenze logiche e motivazionali” (T.A.R. Lazio, sez. III bis, 25 giugno 2019, n. 8279, che richiama Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007 n. 661;T.A.R. Milano, sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4587). In particolare, osserva il Tribunale Amministrativo, la decisione dell’Istituto di adottare la settimana corta riguarda il merito dell’azione amministrativa e, come tale, non può essere sindacata in sede giurisdizionale sotto il profilo dell’opportunità.
Non sussiste alcun legittimo affidamento sul tempo scuola a sei giorni
I ricorrenti, nel contenzioso in oggetto, sostengono di avere maturato un legittimo affidamento a mantenere l’orario scolastico distribuito su sei giorni alla settimana per tutti gli anni del percorso scolastico (cinque anni per la scuola primaria, tre per la secondaria) e di avere manifestato la contrarietà del passaggio alla settimana corta, sia in occasione di incontri con la Dirigente scolastica, sia mediante missive indirizzate all’Istituto. La deliberazione con la quale, a partire dall’anno scolastico 2024/2025, il Consiglio di Istituto ha esteso la settimana corta anche alle classi frequentate dai figli dei ricorrenti sarebbe quindi illegittima, perché lesiva dell’affidamento ingenerato dal contenuto delle versioni del piano triennale dell’offerta formativa succedutesi nel corso dei precedenti anni scolastici, che prevedevano anche classi con orario distribuito su sei giorni settimanali.
Il motivo per il TAR di Venezia è infondato poiché in tema di autonomia organizzativa degli istituti scolastici e in tema di revisione annuale del piano triennale dell’offerta formativa, non può essere riconosciuto un affidamento giuridicamente rilevante al mantenimento dell’articolazione dell’orario su sei giorni alla settimana per tutto il percorso scolastico (cfr. Consiglio di Stato, sez. I, parere 21 febbraio 2024, n. 177; T.A.R. Lazio, sez. III bis, 25 giugno 2019, n. 8279; T.AR. Veneto, sez. I. 2 agosto 2018, n. 842). Inoltre, nel caso di specie l’introduzione della settimana corta per tutte le classi dell’Istituto non interessa l’anno scolastico in corso, ma avrà effetto solo dal prossimo.
Spetta al CDI e non alla famiglie deliberare sulla modifica del PTOF
I ricorrenti lamentano, tra i vari punti, la violazione delle norme che richiedono il coinvolgimento delle famiglie nella predisposizione del piano triennale dell’offerta formativa. In particolare, essi lamentano: che l’Istituto ha indetto un sondaggio sul passaggio alla “settimana corta” rivolgendolo solo alle famiglie di alunni che già ne usufruiscono e non anche alle famiglie di alunni che frequentano la scuola sei giorni a settimana; che il quesito oggetto del sondaggio sarebbe stato formulato in modo tendenzioso, e cioè in modo tale da prospettare il verificarsi di disservizi di impatto generale nel caso di mantenimento delle classi a sei giorni; che al sondaggio avrebbero risposto solo una novantina di genitori rispetto alla platea di circa mille potenziali votanti; che non sarebbe rappresentativa la percentuale di circa il sessanta per cento di voti favorevoli all’estensione della settimana corta a tutta la scuola.
Osserva al riguardo il Collegio che, sotto un primo profilo, la modifica del piano triennale dell’offerta formativa è stata assunta Consiglio di Istituto, che ne ha la competenza e nel quale sono rappresentate anche le famiglie degli alunni per il tramite dei componenti che esse hanno eletto. Il fatto che il Consiglio di Istituto si sia pronunciato a maggioranza nel senso non gradito ai ricorrenti non integra una violazione dei loro diritti partecipativi. In particolare, l’esercizio del potere decisionale del Consiglio di Istituto in ordine alla variazione della calendarizzazione delle lezioni non è vincolato dal previo assenso della maggioranza dei genitori (cfr. T.AR. Veneto, sez. I. 2 agosto 2018, n. 842).