La scuola uccide la creatività? Lettera

Inviata da Michele Canalini – Io credo, da insegnante, che la creatività abbia la stessa importanza dell’alfabetizzazione nel processo di apprendimento degli studenti. In ciò, mi rifaccio al pensiero di Ken Robinson, scrittore ed educatore britannico, i cui libri sono stati tradotti e pubblicati in Italia dall’editore Erickson.
Secondo Robinson, il nostro sistema d’istruzione occidentale (e non solo) è rivolto ad allievi che dovremmo preparare per un futuro professionale che noi però ignoriamo nel suo sviluppo (“Quali lavori svolgeranno tra trent’anni i nostri ragazzi?”) ed è all’opposto impostato su un modello mentale che è vecchio di due secoli e mezzo, cioè risalente ai tempi dell’Illuminismo e della Rivoluzione industriale. Ragion per cui abbiamo la pretesa di formare individui, istruendoli in serie come nelle catene di montaggio industriali e sottoponendo loro, in ogni luogo del pianeta deputato all’istruzione, una gerarchia di materie che non tiene conto dei cambiamenti del mondo e della creatività. Perché, per esempio, tutte le scuole insegnano matematica e quasi nessuna insegna danza?
Questo sistema educativo, poi, genera delle conseguenze che noi registriamo come disturbi dell’attenzione o addirittura fenomeni di alienazione degli allievi, dato che chiediamo agli stessi di studiare “cose vecchie” per cui essi si percepiscono come estranei all’apprendimento, mentre non incentiviamo o addirittura spegniamo la loro creatività. Infatti, la matematica risponde ai bisogni industriali della nostra società, la danza no.
Eppure, è proprio qui il punto. La danza, giusto per restare nell’esempio, in una nuova visione dell’educazione può diventare uno strumento di pensiero e un modo di esprimersi per quello studente e quella studentessa che non riescono a essere inquadrati dalla matematica. Infatti, secondo Robinson, il vero cambiamento sarà soltanto in quella scuola in grado di valorizzare, all’interno della formazione globale di un individuo, le attitudini soggettive di ciascuno bambino o ragazzo.
In questo modo, potremmo così creare una nuova ecologia del pianeta, affidandone le redini a tutte quelle nuove generazioni capaci di riconfigurarlo e salvarlo, sulle ali della propria immaginazione e della propria creatività, e sottraendolo invece a quegli ultrasettantenni che oggi, in modo tragico, si assurgono a leader mondiali con il solo valore acquisito del possesso delle armi.
Se sapremo cambiare o adattare l’educazione ai nostri giovani, la Storia allora concederà loro il privilegio di essere i protagonisti del domani e seppellirà gli autocrati attuali sotto l’ignominia dei loro atti commessi e al cospetto del giudizio inappellabile dei posteri.