La scuola “sorretta” dalle donne, ma il 25% è precario e pagato poco

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Numeri da capogiro quelli che riguardano le donne che insegnano nella scuola italiana: 735 mila, a fronte di 908 mila docenti italiani complessivi. Più di 170 mila non sono di ruolo, poi ci sono altre 150 mila donne impiegate, assistenti tecnici, collaboratrici scolastiche e Dsga, tra le quali figurano almeno altre 40 mila supplenti “rosa”.

Donne quasi sempre ipertitolate, con esperienza e competenze da vendere, ma che continuano a non avere tutele, né prospettive professionali e di carriera, tanto che pur di entrare di ruolo accettano di spostarsi a centinaia di chilometri e di rimanervi per almeno cinque anni pur in presenza di cattedre libere vicino casa. A ricordarlo è il sindacato Anief.

Anziché favorire l’impiego delle donne che nella scuola rappresentano più dell’80% dei lavoratori – commenta Marcello Pacifico, leader dell’Anief – si continuano a introdurre vincoli sulla mobilità, dopo anni anche decenni di precariato, in barba alle assunzioni automatiche che chiede da tempo pure Bruxelles. Donne pagate poco, che vivono nelle difficoltà e sotto stress, si ammalano di burnout e vengono pure costrette a lasciare il lavoro a quasi 70 anni, senza quasi più alcuna possibilità di anticipo. Quello che non comprende chi governa il paese è che la mancata occupazione delle donne e l’inosservanza per la loro carriera professionale diventano pregiudizievoli per benessere sociale e la crescita economica di tutto il paese. Come pure indicato di recente dal Cnel, è grave la mancanza di servizi di cura e di assistenza, pubblici e privati, affinché i costi di un nuovo welfare familiare non siano più solo sulle spalle delle imprese lavorative. Quando si parla di inclusione, uguaglianza, emancipazione del sesso femminile e parità di genere è bene tenere conto di tutto questo. Altrimenti, la giornata della donna si limiterà a essere un rituale sterile”.

Priorità alla scuola: “Serve cambio di passo”

Le donne costituiscono la gran parte del personale scolastico, da sempre sottopagato rispetto alla media dei salari europei, e continuamente umiliato e sottoposto a “riforme” calate dall’alto, che hanno burocratizzato e in alcuni sensi peggiorato la didattica: in diversi casi sono loro stesse che gestiscono la propria lezione virtuale e contemporaneamente quella dei figli.

“Le donne sono la gran parte dell’esercito di precarie e precari (il 25 per cento) che tengono in piedi l’istituzione scolastica”.

Così il Comitato Priorità alla scuola, secondo la quale “per mettere in sicurezza la scuola da parte di stato regioni e comuni, dopo un anno di attesa, è stato fatto poco o quasi nulla”. Priorità

Alla Scuola ricorda che si è mossa fin da subito con la richiesta di riaprire le scuole attivando test di massa in ingresso, test di monitoraggio e a campione settimanale, piano di vaccinazione (che è partito ma a rilento), potenziamento e messa in sicurezza dei trasporti (nodo nevralgico della rete). E inoltre, in prospettiva del nuovo anno, stabilizzazione dei precari, assunzioni massicce e riduzione del numero di alunni per classe, fondamentale sia per la didattica che per la sicurezza sanitaria.

“Oggi è 8 marzo, una giornata da sempre dedicata alla mobilitazione e le donne sono in prima fila nelle mobilitazione del paese nel difendere il diritto dei propri figli e figlie alla salute, al diritto allo studio, alla scuola, nel difendere i diritti di tutti. Se ci muoviamo noi cambiamo il mondo!”, conclude il Comitato che chiede di riaprire tutte le scuole di ogni ordine e grado.

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