La scuola riparte: mutatis mutandis…forse anche no. Lettera
inviata da Francesco Cutolo – Gli antichi latini dicevano “mutatis mutandis” per indicare il cambiamento delle cose che si devono cambiare o più aulicamente: “fatti i debiti cambiamenti”. Il Covid di cambiamenti ne ha imposti molti, e per restare col latinorum, perlopiù “obtorto collo”, cioè a malavoglia, subiti.
Ma si sa che cambiare spesso spaventa, e sia pur necessario, si cercano le più tranquillizzanti mezze misure col rischio però di non essere né carne né pesce. La scuola è nel pieno di un vortice, con numeri enormi di soggetti coinvolti e potenzialità in termini di contagio decisamente mostruose soprattutto se si considera l’ultima statistica che dice che su 568 scuole aperte almeno 518 casi di Covid accertati, cioè circa uno per ogni istituzione.
È naturale che ci si chieda e a regime? Quando riapriranno tutte le scuole italiane cosa ci dobbiamo aspettare? Lo scenario si presenta senz’altro preoccupante. Però occorre ripartire, se non riparte la scuola c’è la paralisi del sistema.
La centralità della scuola, il Covid lo ha ancora di più confermato, non è solo educativo-didattica bensì anche sociale, socializzante, intesa come luogo privilegiato di relazioni nonché l’ambiente in cui i bambini, i ragazzi, trascorrono più tempo dopo il contesto familiare. Appunto di questo tempo occorre che la famiglia si riappropri, urgentemente, per far ripartire l’economia e la società in genere.
D’altro canto non si possono trascurare i rischi di convivenza forzata in un ambiente quale è quello scolastico, già angusto prima del Covid e che la pandemia ha solo impietosamente contribuito a smascherare in tutti i suoi limiti. Che fare? Come se ne esce? Soprattutto come si evita un nuovo lockdown?
Occorre pragmatismo, attenzione, rispetto delle regole, con e senza precise prescrizioni, perché non è possibile un panottismo sociale, bensì il radicamento di un senso di responsabilità collettiva, anzi, universale, dai forti risvolti umanistici ponendo l’individuo e la sua incolumità al centro di qualsivoglia progetto, superando le logiche individualistiche e adottando atteggiamenti meno egocentrici e più ecosostenibili cioè più rispettosi dell’intero pianeta.
Non è tempo di inutili autoreferenzialismi e nessuna “ricetta” è migliore di un’altra, lo scenario incerto impone la logica della procedura per prove ed errori. Occorre però che il numero degli errori sia assolutamente esiguo perché anche la semplice sottovalutazione di certi aspetti può innescare meccanismi irreversibili e difficilmente controllabili. Il Covid non è un’ipotesi bensì una realtà con cui dovremo convivere per molto tempo, anche a prescindere dai banchi singoli e dagli spazi più ampi, perché la vita comunitaria è comunque sempre il luogo privilegiato della diffusione di un eventuale contagio e la scuola è soprattutto comunità. Certo occorre evitare di terrorizzare i nostri ragazzi, ma in qualche modo bisogna pur fargli capire che dai loro comportamenti, dal loro senso di responsabilità individuale dipende la tenuta dell’intera comunità nella lotta al contenimento della pandemia. Le cose vanno perciò presentate con il loro nome.
Possiamo, sempre che ci impegnamo strenuamente, contenere il contagio ma ad oggi nessuno ha la soluzione definitiva. Si può solo dire che l’evoluzione dell’epidemia in pandemia ha da un lato coinvolto l’intera popolazione mondiale nella lotta alla diffusione del virus ma ha anche messo l’intera comunità scientifica al lavoro con il precipuo obiettivo di individuare una via d’uscita.
A tal proposito mi viene in mente un passo tratto da La dialettica di Pericle: “mentre infuriavano le epidemie e la guerra, si notò ad Atene un profondo cambiamento di umori. Si riteneva Pericle, che li aveva convinti all’avventura della guerra, responsabile di tanto dolore e si propendeva ormai a intavolare trattative di pace con i Peloponnesiaci”.
Ovviamente qui la guerra è contro la pandemia di Covid e le trattative possono essere la perfetta metafora di un abbassamento della guardia da parte di tutti noi in barba a chi continua ad esortarci a combattere senza concederci cali di attenzione. Niente paura, occorre solo fermezza nella lotta come fu per gli epici antenati e soprattutto ciascuno di noi è chiamato al più alto senso di responsabilità collettiva che è infinitamente più importante di quella individuale. Nel frattempo si è ripartiti, la scuola è ripartita, e ci fossero anche degli stop, bisogna non fermarsi e non abbassare la guardia.