Autolesionismo? “Disagio che può portare al suicidio fisico”. Competizione a scuola, “genitori contenti, ma i ragazzi chiedono un aiuto per costruire il futuro”. INTERVISTA allo psicologo Lancini

Dispersione scolastica, autolesionismo, dipendenza dai social. Alcune delle problematiche più importanti che la scuola e gli insegnanti stanno affrontando ormai da molto tempo. Ci si interroga quali possano essere le cause di un disagio sempre più ampio di cui soffrono i pre-adolescenti e gli adolescenti.

Sono diversi i fattori in campo e indagarli e analizzarli uno per uno non è operazione semplice, specie se si intrecciano due elementi portanti della società come la scuola e la famiglia.

Ne abbiamo parlato con Matteo Lancini, psicologo psicoterapeuta, nonché presidente della Fondazione Minotauro, che nel corso dell’intervista ad Orizzonte Scuola ha provato a mettere a fuoco gli aspetti più importanti della questione.

Cicatrice francese, l’ultima moda dei giovani. Perchè l’autolesionismo è diventato così frequente secondo lei?

L’autolesionismo è da diversi anni presente, già prima della pandemia. Il disagio viene espresso con un attacco al corpo, perché oggi i ragazzi non hanno più la trama dell’opposizione all’adulto. Tutto questo porta alla fine al sudicio sociale, ovvero si ritirano da scuola e talvolta, purtroppo, arrivano al suicidio fisico. Tutto questo perché il ragazzo si sente inadeguato nei confronti di questo mondo.

Non crede che il ruolo della famiglia, la disgregazione del nucleo di essa, almeno come la conoscevamo anni fa, sia determinante in questo contesto?

La famiglia è cambiata. Il tema però non è solo famiglia o solo la scuola. I modelli educativi sono cambiati e i modelli di identificazione sono più forti oggi fra i giovani. E poi ci sono le piattaforme televisive con i cartoni animati, internet, le trasmissioni televisive. Il problema principale, secondo me, è che oggi esiste una fragilità degli adulti, quindi papà, mamma, insegnanti. Questi adulti cercano sempre il colpevole al di fuori di se stessi. Gli adulti non si interrogano su questi fenomeni. Per cui la scuola dà la colpa alla famiglia, la famiglia alla scuola. E in tutto questo i ragazzi non trovano degli adulti identificati. Per questo motivo quando arrivano i compiti evolutivi dei ragazzi noi non li capiamo, non li accogliamo. Se uno viene bocciato non si riga la macchina la docente, come si faceva una volta, ma si pensa al suicidio sociale, quindi l’abbandono scolastico, o addirittura fisico.

E il rapporto con la scuola?

Beh, è molto chiaro. La scuola stimola competizione. La propone. Si continuano a dare bollini verdi. La competizione dal primo giorno viene alimentata a scuola e i genitori avallano. Sono d’accordo. In questo modo riescono a misurare il proprio lavoro di genitore. E poi quando le cose vanno male diciamo che è colpa della società.

E il ruolo dei mass media e dei social? Quanto è decisivo?

Quello dei social è un fenomeno veramente strano e invece di star lì a dire ai ragazzi se fa male o meno, dovremmo chiederci: abbiamo accettato il fatto che ormai cresciamo tutti con internet e con i social. Perché poi si pensa di mettere divieti, chiedere alla scuola di togliere i cellulari se ormai fa parte della nostra vita?  Ogni hotel, albergo, ristorante, ha a che fare con internet. Il buon esempio è il modello di identificazione. Se è davvero così nocivo allora si chiudano tutti i gruppi WhatsApp e tutti i social. Altrimenti negare è terribile anche perché loro comunque lo utilizzeranno. E poi c’è un’altra incoerenza legata a questo discorso.

Quale?

Mi spiega perché, se c’è un progetto di scuola digitale, specialmente dopo la pandemia che abbiamo vissuto che ha cambiato tutto, non si investe per collegare, veramente, tutte le scuole con la connessione ad alta velocità? Tanto lo sappiamo, in futuro se non sapranno usare internet questi ragazzini e ragazzi non potranno fare nulla. Eppure oggi la scuola non si concentra su questo aspetto. E il motivo è proprio il fatto che si tratta di un problema di come vivono gli adulti. Chiedono ai giovani di adattarsi alla società e poi alla fine diciamo no. Bisogna invece, secondo me, avvicinare le risorse ai giovani. Non ci sono loro purtroppo al centro ma c’è solo una fragilità adulta che governa il tutto.

Ci sono anche le challenge che prendono la scena in questo momento 

Appunto. Quando hai un problema oggi ti rivolgi alla rete. Le esperienze da cercare e da fare si trovano lì per i ragazzi. Infatti il paradosso è che internet è il luogo sicuro dove i genitori hanno messo i figli per proteggerli dalle ginocchia sbucciate di una volta. Per i ragazzi, invece, si tratta di visibilità. Se tu non hai successo a scuola o nello sport, la Challenge può essere una spinta per la popolarità e visibilità. E pur di diventare popolare la faranno più grossa. Molte risse di strada vengono fatte a favore di telecamera, infatti.

Se la sente di dare qualche consiglio agli insegnanti, in prima linea per riconoscere e gestire le situazioni di disagio e difficoltà?

Oggi il ruolo del docente è molto più importante rispetto ad un tempo. Una volta il docente era quello che ti faceva accedere al sapere e all’informazione, questo significava anche sottometterti in qualche modo, o meglio, sottometterti alla sua autorità. Oggi l’insegnante ha un valore superiore, perché ha studenti più competenti da molti punti di vista. Ogni studente ha un bisogno educativo speciale, senza bisogno di appendere etichette. Oggi i ragazzi vogliono essere guardati. Poi vanno a raccontare cose di sé molto più che con la famiglia. Lo so per esperienza che i docenti sono invasi da ragazzi che si rapportano in modo più autentico con loro. Oggi è importante essere consapevoli che alcuni ragazzi possono accumulare ritardi ma poi possono recuperare. La scuola ha una funzione formativa ma anche educativa. Il ruolo del docente è più importante, perchè oggi il ragazzo cerca un adulto che lo aiuti a costruire il futuro.

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