La Scuola, presidio di pace. Lettera

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Inviata da Gaia Colosimo –  La Scuola nasce come presidio di pace, in quanto si pone l’obiettivo di incrementare la convivenza democratica. Quando insegno la storia agli alunni della scuola elementare cerco di fargli capire i meccanismi sottesi, gli elementi trasformatori che hanno determinato lo sviluppo delle civiltà.

Durante un laboratorio per esporre un elaborato di gruppo agli altri compagni di classe, uno di loro dice questa frase (l’ho appuntata in agenda per non perderla): “le prime tribù hanno cominciato a conoscersi per aiutarsi”. Sul libro non veniva esposto proprio in questo modo, si faceva riferimento alla caccia più efficace per ottenere maggiori benefici. Lui stava parlando dell’evoluzione delle civiltà, questo il tema scelto dal suo gruppo per un elaborato da presentare al resto della classe. La loro ricerca si focalizzava sulle situazioni specifiche, i momenti salienti, le scoperte peculiari, tutto ciò che ha potuto generare cambiamenti significativi nell’evoluzione dell’uomo, sin dalla preistoria.

Sembra una differenza irrilevante quella di cacciare in gruppo per ottenere maggiori benefici e quella di “conoscersi per aiutarsi”, quasi inesistente, eppure i bambini l’hanno colta e io di sicuro provo a insegnargliela. Spesso mi capita di partire dal significato profondo di una parola, attraverso l’etimologia, per fargli capire bene il senso di quello che studiamo, le ragioni che ci portano ad avere a cuore la conoscenza, ed è proprio su questo che si basa il senso della mia premessa sulla lezione di storia. Cosa significa civiltà? Cosa significa evoluzione? Quale punto ci interessa? Cosa ci incuriosisce e vogliamo approfondire? Sulla base degli specifici interessi di ognuno si sono formati i gruppi di lavoro e le loro riflessioni sono state molto significative, utili per affrontare un argomento che mi sta molto a cuore. La crisi profonda che stiamo attraversando nel mondo deve costringerci a riflettere sul senso che vogliamo dare a queste parole da studiare in quarta elementare: evoluzione delle civiltà. Per i bambini è facilmente comprensibile che non basta aggregarsi/aiutarsi solo ed esclusivamente per ottenere maggiori benefici, bisogna “conoscersi per aiutarsi”, per convivere in armonia.

Questo obiettivo non può restare appannaggio esclusivo delle fiabe, non è facile pensare al proprio benessere correlato al malessere altrui, se proprio non vogliamo
essere persone religiose o semplicemente sensibili, con una propria morale che induce a porsi il problema della sofferenza altrui, bisognerebbe porsi il problema
delle conseguenze generate dal proprio egoismo. Tornando ai bambini però, mettere l’accento sull’aiuto reciproco come espressione di civiltà, quasi come sinonimo di questa, a loro è sembrato più appropriato.

Ultimamente vige la convinzione che chi si occupa di convivenza democratica sia un sovversivo, un soggetto politico che impartisce le proprie convinzioni (come se
essere pacifisti e convinti sostenitori dei valori impliciti dell’integrazione tra popoli fosse un’ideologia politica), alla peggio, un comunista! Mentre pare sia utile, durante
un incontro sul bullismo tenuto dai cosiddetti “esperti esterni”, parlare ai bambini delle elementari del codice penale, della legittima difesa prevista dalla nostra legge,
oppure durante un corso pagato dai genitori (che pensano di volere il meglio per i propri figli…) ascoltare l’elaborato di una bambina che immagina la realizzazione di
un luogo dove chi dice le parolacce viene bandito dalle guardie (anche se bambino/ a…), io mi trovavo in quella classe per una supplenza e ho suggerito di prevedere un
angolo per andare a parlarsi, tra bambini ci si chiarisce sempre, mentre “l’esperto esterno” l’aveva trovata un’idea molto utile, quella delle guardie!

Lascio a voi le considerazioni su cosa sia lecito o meno dire in una scuola elementare. Secondo me la Scuola ha in sé il germoglio della convivenza democratica, dove per
democrazia s’intende la capacità di condividere, di imparare a relazionarsi, dove si acquisisce la consapevolezza del valore del dialogo e del mutuo-aiuto. Formare l’uomo e il cittadino era un ruolo di cui noi insegnanti andavamo fieri, ci sentivamo onorati di adempiere al nostro mandato e il verbo al passato non è una svista. Oggi sembra che tutti possano occuparsi di Scuola tranne gli insegnanti, di sicuro la perdita di autorevolezza è una causa che trova le sue radici in quei silenzi assensi, in quel mancato intervento di categoria nel momento in cui ci viene detto anche come e quando assegnare i compiti a casa. Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la Scuola può fare, diceva Calamandrei, allo stesso modo per trasformare i cittadini in sudditi bisogna depauperare la Scuola, svilirla e snaturarla della sua funzione, questo può avvenire solo con la complicità di quei docenti silenti, che non danno voce a vere e proprie ingerenze.

Oggi fare il nostro dovere ci annovera tra i docenti non all’avanguardia, incapaci di staccarci da un modello di Scuola antiquato, come se formare bravi cittadini non
fosse un valore ma una moda, un percorso ormai superato dal “nuovo che avanza”.

Io penso che la Scuola debba continuare, ora e sempre, a formare l’uomo e il cittadino secondo i principi costituzionali che sottendono alla sua nobile funzione, quella dello sviluppo delle civiltà, quella di essere presidio di pace.

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