“La scuola non è un villaggio turistico”, circolare sul dress code in classe: “Sì a bermuda e t-shirt, ma con colori sobri. Necessari decoro e rispetto”

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Con l’arrivo della bella stagione, a scuola divampa l’ennesima discussione riguardo l’abbigliamento. In un istituto superiore di Salerno, come segnala Il Mattino, circolare della dirigente scolastica che autorizza bermuda e t-shirt, purché in colori sobri come blu e bianco.

Una decisione accolta con entusiasmo dagli studenti, finalmente liberi dai jeans sotto il sole, ma con precise indicazioni: niente magliette troppo scollate, pantaloncini eccessivamente corti o strappi vistosi. La scuola, si sottolinea, “non è un villaggio turistico”, e l’abbigliamento deve rispettare il decoro dell’ambiente.

Il dibattito tra comodità e decoro

La misura ha riacceso il dibattito sul giusto equilibrio tra comfort e formalità a scuola. In altri istituti scolastici si stanno valutando misure analoghe per conciliare caldo e decoro. I vari regolamenti non vietano specifici capi, ma invitano a evitare outfit da spiaggia, considerandolo parte dell’educazione civica. C’è chi ricorda l’importanza di “sobrietà e rispetto”, altri, invece, invitano al dialogo.

Un codice per educare al rispetto

L’obiettivo è chiaro: promuovere un abbigliamento adeguato senza sacrificare la freschezza. La scuola, definita “luogo sacro”, richiede rigore estetico come forma di rispetto verso sé stessi e gli altri. Con l’aumento delle temperature, il tema rimane attuale: la sfida è bilanciare benessere e formalità, evitando eccessi ma riconoscendo le esigenze degli studenti. Una piccola rivoluzione sartoriale che, al di là delle polemiche, punta a valorizzare l’ambiente scolastico.

L’abbigliamento a scuola tra psicologia e questioni di genere

Il dibattito sull’abbigliamento scolastico non riguarda solo il decoro, ma anche l’efficacia didattica. Diversi studi dimostrano che esiste un legame tra abbigliamento e atteggiamento mentale: indossare capi troppo informali, come magliette larghe o pantaloni sfilacciati, può influire negativamente sulla concentrazione e sul livello di engagement in classe. Al contrario, un abbigliamento ordinato – senza necessariamente essere formale – favorisce un approccio più strutturato alle attività scolastiche.

Alcune ricerche, ad esempio, evidenziano che gli studenti tendono a essere più disciplinati e produttivi quando percepiscono la scuola come un ambiente professionalizzante, dove anche il modo di vestire comunica rispetto per l’istituzione. Non si tratta di imporre giacca e cravatta, ma di trovare un equilibrio che non banalizzi l’esperienza educativa. D’altronde, se in ufficio o a un colloquio di lavoro certi outfit sono inappropriati, perché a scuola dovrebbero essere accettati?

Tuttavia, c’è anche chi sostiene che un dress code troppo rigido possa generare stress o disagio, soprattutto tra gli adolescenti, per i quali l’abbigliamento è un mezzo di espressione identitaria. La sfida, quindi, è coniugare comfort e decoro, evitando sia l’eccessiva rigidità sia il totale lassismo.

Dress code e disparità di genere: quando le regole diventano discriminatorie

Un altro aspetto controverso è il diverso trattamento riservato a studenti e studentesse. Spesso, i regolamenti scolastici vietano alle ragazze gonne sopra il ginocchio, spalle scoperte o top aderenti, mentre per i maschi le restrizioni sono minori. Tale disparità ha scatenato proteste in molti Paesi, con alunne che denunciano come tali norme colpevolizzino il loro corpo anziché educare al rispetto.

Il problema non è solo estetico, ma culturale: imporre alle studentesse di “coprirsi” per non “distrarre” compagni o insegnanti rafforza stereotipi sessisti e invia il messaggio che siano loro a doversi adattare, anziché promuovere una responsabilizzazione collettiva. In alcune scuole all’estero, si è optato per regole gender-neutral (es. “nessun indumento che lasci scoperto l’addome”) o si è coinvolto direttamente gli studenti nella stesura del dress code, con risultati positivi.

Se da un lato un abbigliamento decoroso può migliorare il clima scolastico, dall’altro è essenziale evitare doppi standard o imposizioni anacronistiche. La soluzione potrebbe risiedere in un approccio educativo più che normativo: discutere con gli studenti del valore simbolico dei vestiti, anziché limitarsi a elencare divieti. Dopotutto, preparare i giovani al mondo del lavoro passa anche dall’insegnare loro a scegliere con autonomia e rispetto, sia nello stile che nelle relazioni.

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