La scuola ha bisogno di più docenti e più spazi, il Recovery Fund è una occasione
È sotto gli occhi di tutti (non solo degli otto milioni di persone coinvolte tra dirigenti, docenti, amministrativi, Ata, studenti e famiglie, che sono comunque una enormità in un Paese non grande come il nostro) che la scuola, in modo colpevolmente miope, non sia stata considerata una priorità.
Un errore davvero imperdonabile. Male, ma chiediamo e lo facciamo dall’inizio dell’emergenza, si lavori alacremente e con cognizione di causa, ahinoi mancata, per dire, in questi mesi, anche nei pochi passaggi richiesti per l’amministrazione dell’ordinario scolastico, basti pensare alle ordinanze sulla valutazione e sugli esami – per aprire le scuole a settembre e, per farlo adeguatamente, udite udite, il nodo sono le risorse e il corretto e conseguente impiego delle stesse.
Il Governo lo sa, ma, nel mentre, ha optato, a torto o a ragione, di avere altre priorità. Erano gli inizi di aprile, quando iniziai a dirlo, nel modo più costruttivo e confacente alla mia natura personale, professionale (docente) e anche di ex amministratrice locale ( Presidente Commissione Cultura e Istruzione del Comune di Pisa). E a suggerire un approccio più strutturale, meno emergenziale e rispondente quanto meno al breve e medio termine. La DAD con tutti i suoi limiti didattico-pedagogici ha potuto al massimo ambire ad assolvere alla funzione di paracadute e di accompagnamento, in molti casi non sempre possibile e non sempre riuscito. Ma la Scuola è altro.
Ora, se i numeri del Recovery Fund saranno confermati, saremo di fronte a un cambiamento epocale, e con 170 miliardi l’Italia ha un considerevole margine d’azione, se dimostreremo di saperlo fare.
Cominciamo a pensare alle cose serie. Cominciamo dalla Scuola. Non possiamo più permetterci di consentire e di formalizzare la pratica che si fa ‘messaggio’ di un tablet per amico. Nonostante la Scuola nelle sue componenti, a dispetto di qualche titolo di Quotidiano ormai assimilabile a tabloid, non si sia mai fermata, rilanciando e facendo sforzi sovrumani per raggiungere tutti, proseguire nella attività didattica programmata e mantenere in piedi un barlume di normalità relazionale così fondamentale nella pedagogia contemporanea.
Per settembre, dunque, ci vorranno il doppio degli spazi per gli studenti. Tutti. Nessuno escluso.
Il tema della disperazione scolastica soprattutto in luoghi meno fortunati, che è già possibile registrare, sarà ancora più drammatica a breve, ed è anche e non solo per questo che non si possono escludere le scuole secondarie di secondo grado.
Gli uffici scolastici regionali stanno programmando accorpamenti di classi, operazione esattamente opposta al da farsi. E di questo abbiamo già notizie dai nostri Istituti. È mai possibile?
E dunque, insieme agli spazi occorrono più docenti. Il concorso è un falso problema (salviamo il merito e la qualità in ingresso con concorsi veri, operazione che la sinistra più di altri deve rivendicare e ri-affermare, assumendo intanto annualmente i supplenti dalle fasce, come abbiamo sempre fatto, ma facciamolo in tempi utili all’ingresso per il primo settembre). Non ci si può impiccare a questo. È come impuntarsi ciecamente a guardare il dito perdendo di vista la luna.
Si predisponga il Governo, fin da adesso, perché le classi, non solo prime, siano affollate nel modo più sicuro, lavorando parallelamente sugli spazi in aggiunta e a tutto tondo.
Questo significa progettare il futuro più immediato insieme a quello più remoto. Il capitale umano incarnato dai piccoli, dagli adolescenti e dai giovani è la scommessa e l’investimento più sicuri sui quali uno Stato che si dica tale deve puntare.
La bussola è e resta la Costituzione.