La scuola è espressione del desiderio di vita, il cui compito è costruire una fratellanza non biologica

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“La scuola, come espressione del desiderio di vita ha il compito di costruire una fratellanza non biologica. Perché, come la storia umana insegna, la fratellanza non è un dato di natura, non è un fenomeno legato al sangue, anzi si può uccidere colui che ha il mio stesso sangue”.

Il fratello Abele, che fa capire per la prima volta a Caino, “il primo figlio unico in assoluto”, che non le attenzioni non sono rivolte più soltanto su di lui. Che ci sono gli altri, i suoi fratelli. I suoi compagni di classe, aggiungiamo noi. Il gesto di Caino è il titolo della lezione magistrale tenuta dallo psicanalista Massimo Recalcati a Carpi nella tre giorni modenese (Modena, Carpi, Sassuolo) dell’affollatissimo Festival della Filosofia. Affollatissimo di gente che arriva da ogni parte d’Italia, assetata di sapere e di riflessione, affollatissima di gente comune e di insegnanti ma soprattutto di ragazzi e di ragazze con penna, taccuino e zainetto in spalla.

“Ai nostri figli a scuola – spiega Recalcati – s’insegnano solo i conflitti tra popoli, Raramente, nella storia che si racconta a scuola, si studiano i momenti di pace”. Ma veniamo al gesto di Caino. “La figura di Caino è un’eredità scabrosa”, sottolinea Recalcati.

“Nulla di tale nel mondo animale. È un errore pensare a una regressione animale. Lo scandalo di Caino che uccide Abele ci pone di fronte allo scandalo del fatto che la violenza non è una regressione alla condizione animale ma è qualcosa che definisce propriamente l’umano. Non esiste nel mondo animale la crudeltà e la violenza che esiste nell’esercizio della violenza nel mondo umano e dunque è una scorciatoia quella di pensare che la violenza umana sia una regressione alla violenza animale. Piuttosto dobbiamo pensare che il crimine appartiene all’umano  anzi che l’umano porta con sè una spinta al crimine e quindi noi portiamo con noi stessi la tentazione di Caino”.

Questo significa che la fratellanza non è un dato di natura, è il pensiero di Recalcati: “Gli esseri umani non sono naturalmente altruistici, non sono esseri sociali come pensava Aristotele. La psicoanalisi mette in luce il fatto che c’è fondamentalmente nell’uomo una spinta alla sopraffazione e all’affermazione di sè che oltrepassa anche il limite, il confine del fratricidio. Dunque, se la fratellanza non è un dato di natura, non è un fenomeno legato al sangue, anzi si può uccidere colui che  ha il mio stesso sangue, c’è da pensare che la fratellanza è un processo molto più complesso, una costruzione culturale che passa attraverso il senso di colpa, il senso di responsabilità, la parola”.

Ecco, allora il ruolo della scuola.  “Costruire una fratellanza non biologica è compito della scuola, come luogo di espressione del desiderio di vita e non solo come luogo di distribuzione di informazioni”. È un luogo di cura, “si prende cura della vita, emancipa la vita dalla cultura di morte”, aveva detto qualche giorno prima agli insegnanti e agli studenti dell’Istituto tecnico commerciale Teglia, della Valpolcevera, situato non lontano dal ponte Morandi di Genova. “Non bisogna mai confondere i volti con i numeri.

La scuola dovrebbe presidiare la differenza tra il numero e il volto, quando si giudicano i ragazzi, si giudicano le loro storie. Certo riducendo la scuola ad azienda, tutto questo diventa difficile. Ma quando un figlio va a scuola, fa l’esperienza di Abele più che a casa. Fa esperienza della prova. La prova, cioè di un percorso di formazione attraverso il quale si può misurare l’atto e la conseguenza. Ho studiato e dunque sono in grado di riferire ciò che ho studiato. Anche l’eventuale ingiustizia, ad esempio nella valutazione, è una prova.

Una vita senza prova, custodita nella bambagia, è una vita che non fa l’esperienza della prova. Io sono spesso uno specialista di bocciature, ma i fallimenti sono luoghi di formazione fondamentali”. E qui Recalcati regala ai presenti il ricordo di alcune pagine intense del bel libro “L’ora di lezione”, un testo che ogni insegnante dovrebbe già aver letto: “Ero stato un bambino considerato idiota, fui bocciato in seconda elementare perché giudicato incapace di apprendere. Quando cerco di insegnare qualcosa, è a lui che mi riferisco.” E ancora: “Andavo lento e ora mi rimproverano di andare veloce”.

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