La scuola di prossimità di Fioramonti: istituti con 200 studenti, servono 100mila docenti e ATA

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Una scuola di prossimità: per ripartire tutti insieme, cominciando dai concorsi già in atto. L’idea dell’ex ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti in un video su Facebook.

“La pandemia  – spiega l’ex ministro – ha messo in evidenza sia le fragilità, sia le capacità di reazione del sistema scolastico italiano, con una grande prova di dedizione e professionalità da parte del settore. Tuttavia, la sfida del nuovo anno scolastico richiede un approccio produttivo e strutturale, per rimediare ai mesi già persi ed evitare ulteriori periodi di inattività, in cui si rischia di pregiudicare l’efficacia dell’insegnamento e della crescita culturale, negando di fatto un diritto costituzionale. Proprio per questo, dopo aver consultato documenti sindacali e di esperti del settore, abbiamo elaborato una serie di proposte e le abbiamo inviate alla Task Force del Ministero dell’Istruzione. Nei prossimi giorni il Senato analizzerà gli emendamenti al DL Scuola ed è quindi importante che queste riflessioni arrivino anche a loro. Avremo infatti bisogno di superare il precariato cronico che affligge la scuola e la rende troppo debole di fronte alle sfide che ci attendono.

I cittadini – prosegue Fioramonti – guardano con speranza alla ripresa dell’attività didattica in presenza come ad un importante segnale di “ritorno alla normalità”. Questo, però, dovrà coniugarsi con la garanzia di adeguati livelli di protezione dal possibile rischio di contagio da Covid-19.

In questa crisi si cela una grande occasione per sperimentare un nuovo modello di ‘scuola di prossimità’: distribuita sul territorio, ma integrata istituzionalmente e connettivamente, grazie ad un ‘patto territoriale’ con enti locali e realtà associative, che potranno mettere a disposizione ulteriori spazi ed educatori, modificando in modo innovativo l’approccio pedagogico e consentendo nuove sperimentazioni.

La scuola di prossimità – sottolinea Fioramonti – è quella che torna ad avere un contatto con il territorio e la comunità, caratterizzata da tanti piccoli istituti con 200 studenti al massimo, suddivisi in classi piccole e collegate in rete tra di loro – in contrapposizione alle attuali “classi pollaio” e ai grandi plessi da oltre 1.500 studenti. In questo modo possiamo ridurre distanze, migliorare accessibilità e mobilità intelligente, con un rapporto insegnante-studente calmierato, consentendo anche maggiore sostenibilità e controllo sanitario.

La scuola di prossimità si può avvantaggiare di una modalità d’insegnamento mista (‘blended’), che poggia su didattica in presenza (soprattutto per i più piccoli) e si avvale di forme integrative di didattica a distanza (DAD) in classi ‘satellite’ che seguono la lezione in remoto ma con la supervisione di personale educativo, ricorrendo a DAD da casa solo in misura marginale e soprattutto per gli studenti più grandi. Come? Creando tante piccole classi (max 10 studenti) in aule distribuite su vari plessi nel territorio (e ricavate in palestre, sedi di associazioni, uffici comunali, ecc.) e collegati in rete tra di loro, con il coordinamento di insegnanti di materia e di potenziamento, attraverso forme di rotazione che permettano ad ogni gruppo di avere sempre un docente od un educatore in presenza, anche quando seguono una lezione a distanza.

Oltre alla scuola dell’infanzia, il maggior numero di ore in presenza va garantito soprattutto ai bambini della scuola primaria, a tutti coloro che cominciano un nuovo ciclo (primo anno delle scuole secondarie) ed hanno quindi maggior bisogno di momenti di socialità, e a tutti coloro che hanno bisogni educativi speciali o sono a rischio dispersione. Con tale modalità si aiutano le famiglie, soprattutto dei più piccoli, a gestire meglio le proprie esigenze lavorative, aumentando gradualmente le ore di DAD, anche da casa, per gli studenti più grandi.

Possiamo realizzare tutto questo con un patto territoriale che coinvolga enti locali e terzo settore, ma soprattutto facendo leva sui tanti dirigenti scolastici e lavoratori precari in attesa di un’opportunità per entrare di ruolo. Abbiamo quantificato un incremento necessario di 100.000 assunzioni a tempo determinato fra personale dirigente, docente e ATA. E potremmo cominciare già con i concorsi in atto, semplificando le procedure per chi ha anni di servizio alle spalle.

Il costo di 100.000 unità di personale equivale a poco più di 3 miliardi (sempre quegli ormai “famosi” 3 miliardi!), meno il costo di ammortizzatori sociali a cui farebbero ricorso se disoccupati. Il budget straordinario per l’affitto, l’adeguamento delle strutture e per la dotazione tecnologica si può stimare in circa €400-800 milioni. I costi di funzionamento intorno ai €200-300 milioni e ulteriori €100 milioni per supportare i patti territoriali e le attività integrative.

Senza Scuola si ferma il Paese. Se vogliamo provare a ricostruire una società ed un’economia migliore, dobbiamo ripartire proprio dalla Scuola. E farlo tutti insieme”, conclude Fioramonti (Gruppo misto).

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