La salute professionale degli insegnanti, consigli per il nuovo Ministro

Tutti danno per scontata la salute degli insegnanti “gingillandosi” col burnout, lo stress lavoro correlato e i rischi psicosociali che restano solo bizzarre allocuzioni del DL 81/2008 e che, al massimo, inducono alcuni dirigenti a riempire pile di questionari con velleitarie finalità di prevenzione.
Invece siamo fermi al palo, come sempre, e avendo avuto, per giunta invano, un ministro-insegnante che si spera abbia almeno sfatato il mito che “solo chi proviene dalla scuola è in grado di dirigere il relativo dicastero”. Non sembra esserci spazio né speranza per la salute professionale della categoria, ma non demordiamo e riproponiamo al nuovo titolare a Trastevere tutto quanto abbiamo sottoposto agli ultimi ministri dell’Istruzione: non facciamo così torti, né discriminazioni. Chissà che prima o poi qualcuno finisca per ascoltare questo grido.
Partiamo dalle solite domande che sondano lo status della professione: è aumentato il prestigio dei docenti negli ultimi cinquanta anni? E il rispetto nei loro confronti? Il potere d’acquisto del loro stipendio? L’attrattiva della professione tra i giovani? La percentuale di docenti maschi? La politica previdenziale? La tutela della salute professionale? Il riconoscimento delle malattie professionali? Infine, il Covid ha facilitato il lavoro agli insegnanti?
Le risposte restano inesorabilmente negative e tanto basta per provare a rilanciare la categoria verso un riscatto che non sembra mai arrivare. La professione appare in caduta libera: docenti anziani, sottopagati e previdenza “sorda” all’elevata usura psicofisica. Gli stereotipi sulla categoria poi continuano a picchiar duro e si rinnovano adeguandosi ai tempi: “Col Covid i docenti non devono fare nemmeno la fatica di recarsi a scuola!”.
Il Covid se non altro è servito per ricordare a politica e maestranze che gli insegnanti italiani sono i più vecchi d’Europa (ricordate i lavoratori fragili > di 55 anni?) e che senza di loro la scuola non riparte, se non in modo virtuale (DAD). L’opinione pubblica si accorge ora a proprie spese che, dopo la famiglia, se salta anche l’agenzia scuola, le nuove generazioni resteranno completamente senza riferimenti. Eppure si è pensato a realizzare lo sciagurato “reddito di cittadinanza” anziché uniformare innanzitutto gli stipendi dei docenti alla media UE. Non illudiamoci però che l’aumento salariale sarà la panacea di ogni malattia professionale. Infatti Paesi come la Germania, dove il salario è doppio rispetto a quello italiano, mostrano che la salute dei docenti è malridotta come da noi e l’80% dei prepensionamenti per motivi di salute presenta diagnosi psichiatrica. Per non parlare della Francia e dell’Inghilterra in cui viene fatto registrare tra gli insegnanti il tasso suicidario più alto rispetto a tutte le categorie professionali. Questi dati sono sconosciuti all’opinione pubblica. Ancora più incresciosa è la totale ignoranza circa le malattie professionali che determinano le inidoneità all’insegnamento per motivi di salute. I dati a disposizione rivelano che le patologie psichiatriche presentano un’incidenza cinque volte superiore rispetto alle patologie disfoniche (per le quali è spesso riconosciuta la causa di servizio).
La professione insegnante – sappiamo – è ad alto rischio di usura psicofisica per la particolare tipologia di rapporto con la medesima utenza (asimmetrico, intergenerazionale, assiduo, protratto negli anni, confidenziale, affetto dal “fenomeno Dorian Gray” al contrario…) e le conseguenze non vanno trascurate ma prevenute e monitorate. Purtroppo, gli stessi insegnanti non conoscono le loro patologie professionali e pochissimi sono i dirigenti scolastici che effettuano la necessaria formazione e informazione previste dal DL 81/08 (artt. 28, 36, 37).
Occorre inoltre colmare un vuoto assoluto nella formazione istituzionale dei dirigenti. Costoro devono essere formati circa le loro numerose incombenze medico-legali di cui le due più importanti sono la tutela della salute dei docenti e la salvaguardia dell’incolumità degli alunni. Ricordo che il DM 382/98 prevedeva in materia la formazione dei presidi che a loro volta avrebbero dovuto provvedere alla prevenzione nei docenti. Niente di tutto ciò è mai stato fatto nonostante siano passati più di vent’anni, né un solo euro è mai stato stanziato ad hoc.
Riassumendo, mi sento di consigliare al neo-ministro Bianchi i seguenti passi per rialzare le sorti della scuola. Si tratta dei primi interventi, realizzabili nell’arco del 2021 con pochi spiccioli (un paio di milioni di euro totali), per riflettere in seconda battuta sulle questioni salariale e previdenziale che non devono prescindere dalla salute professionale della categoria.
In sintesi, le azioni suggerite sono le medesime consigliate ai suoi predecessori che le hanno inopinatamente lasciate cadere nel vuoto. Queste si articolano nei seguenti passaggi:
- Riconoscimento ufficiale delle malattie professionali degli insegnanti attraverso uno studio retrospettivo nazionale sulle inidoneità all’insegnamento per causa di salute.
- Attività di prevenzione, uniforme in tutte le scuole, dello Stress Lavoro Correlato nei docenti (ex art. 28 DL 81/08) e relativa formazione sui diritti e doveri nella tutela della salute sul lavoro.
- Formazione dei dirigenti scolastici sulle loro incombenze medico-legali
A complemento di quanto sopra è raccomandabile, al nuovo ministro, un ulteriore intervento urgente che consiste nel promuovere un vertice col Ministero di Grazia e Giustizia per affrontare e risolvere immediatamente lo strano fenomeno dei cosiddetti presunti maltrattamenti a scuola che, va ricordato, è esclusivamente italiano.
www.facebook.com/vittoriolodolo