La ripresa: meno alunni per classe e aumento personale specializzato. Lettera
Inviata da Paola Mara De Maestri – Dopo i lunghi mesi del “tutto spento” ognuno di noi sta cercando di trovare una nuova dimensione per poter ripartire con la propria esistenza.
Non parlo di un lento ritorno alla normalità, perché non credo sia possibile rimettere le lancette del tempo a febbraio, nel punto preciso nel quale tutto si è interrotto e riprendere la nostra strada come nulla fosse accaduto. Non possiamo perché stiamo ancora vivendo con un nemico invisibile che serpeggia tra i sentieri del nostro cammino e s’insinua prepotente nella nostra socialità. Niente può essere uguale alla nostra precedente vita.
Le nostre abitudini sono cambiate, le nostre prospettive di relazione e di lavoro sono in trasformazione. Non credo sia umanamente possibile dimenticare le tantissime persone che ci hanno lasciato percorrendo un corridoio di indicibile sofferenza fisica e psicologica, saggiando l’oblio e la solitudine. Non potranno scordare i parenti di quanti se sono andati senza poter più vedere i propri cari neanche per un estremo saluto. Dobbiamo ancora capire la portata degli effetti psicologici sui bambini e sui i
ragazzi, privati della libertà di uscire, di crescere tra i pari, di recarsi a scuola, non tanto come edificio, ma come ambiente educativo di apprendimento e vivaio di relazioni, luogo del fare e dello sperimentare, prisma delle emozioni. In questo scenario dal sapore apocalittico dobbiamo per forza dare un ordine alle nostre priorità e ricostituire per quanto possibile il tessuto del nostro quotidiano. Riuscirà a riprendere il proprio viaggio chi sarà in grado di estrarre dal proprio cilindro soluzioni creative adattandole al proprio contesto e chi vorrà rimettersi in gioco investendo nelle proprie risorse.
Quello innescato dal Coronavirus è un cambiamento profondo, che sicuramente stravolge le nostre vite, ma che può e deve trasformarsi in
un volano di opportunità per cambiare le storture che ci avevano portato fuori rotta, rendendoci soprattutto consapevoli che il nostro domani dipende da quanto riusciremo a costruire nell’ottica della salvaguardia dell’ambiente. Occorre optare per scelte coraggiose, ma che saranno l’inizio di una vita nuova e costituiranno un’ancora per le nuove generazioni. Va ripensato il modo di lavorare, non più frenetico, non più orientato al consumismo. Rallentare ci può consentire di riflettere sulla nostra
esistenza, sulle cose importanti e di vivere da protagonisti. Certamente il
cambiamento parte dalle radici, in un sistema globale vanno concordate regole per poter ridisegnare un orizzonte che consenta a tutti di vivere dignitosamente, diminuendo le disuguaglianze economiche e sociali, puntando al progresso e all’innovazione nel segno della eco -sostenibilità.
Una parte importante da prendere in considerazione per avviare un rinnovamento di sostanza è quella riferita ai giovani e alla scuola. Purtroppo si parla ancora troppo poco dei bambini e dei ragazzi. Questo isolamento forzato sta producendo effetti dei quali non percepiamo ancora appieno la
portata, soprattutto nei più piccoli, privati della relazione con i pari e con gli adulti di riferimento, oltre a quelli del contesto familiare. La vita piena di un bambino che comprendeva la scuola, l’oratorio, i corsi sportivi e artistici si è di punto in bianco arrestata in un clima di profonda incertezza e paura. Se anche per un adulto è stato faticoso capire il momento, per un bambino che si trova nella fase dello sviluppo e della creazione della sua personalità questo è un trauma che si ripercuoterà inevitabilmente sulla sua psiche, anche perché non siamo ancora usciti definitivamente dal tunnel della pandemia. L’infanzia da sempre è stata sottovalutata.
Il mondo dei bambini ha attraversato negli anni vari stadi, anche nella nostra società occidentale. Dal venire poco considerati nell’educazione venendo “allevati”, ad un eccesso di “attenzioni materiali” a compensare il poco tempo che molti genitori trascorrono con i propri figli. Questa costrizione nella quale siamo piombati ha consentito a molte famiglie di riscoprirsi nel bene e nel male, di seguire per forza i propri figli anche per quanto riguarda l’apprendimento scolastico, facendo forse capire l’importanza che riveste la scuola nella società. Ma la scuola è molto di più di una sorta di “parcheggio a ore” o di un “ babysitteraggio”. Da queste concezioni distorte sono nati forti equivoci che spingono a volte alcuni genitori a lamentarsi della scuola. Nelle famiglie dove lavoravano entrambi i genitori, il problema del trovare a chi affidare i figli per gran parte della giornata è pressante. Questo sistema ha provocato sovente la delega dell’educazione dei propri figli a terzi e quindi la poca conoscenza dei genitori della propria prole. Restare a casa, dover farsi carico per
forza dei figli, occupandosi anche di collaborare attivamente all’istruzione con la didattica a distanza, ha consentito a tanti di vivere la famiglia in modo più partecipato. La scuola da sempre vive situazioni di difficoltà e disagio, si trascina problemi irrisolti nonostante i vari cambi al timone.
E’ancora troppo spesso mal considerata e a farne le spese è la collettività intera. Si chiede alla scuola di personalizzare gli insegnamenti, di includere, di fare di tutto e di più e poi non si investe, non ci sono mai le risorse necessarie al buon funzionamento. Se aumentano i bisogni educativi occorre diminuire il numero degli alunni per classe e aumentare il
personale specializzato. Un problema che si sente particolarmente, soprattutto quando si sale nell’età, è quello legato al comportamento. E’ a volte molto difficile portare avanti una lezione con ragazzi che disturbano e che si comportano in modo maleducato e irrispettoso. La scuola deve ritrovare una “serietà” che le consenta di arginare queste situazioni proponendo soluzioni condivise con la famiglia, ma ferme.
Gli insegnanti hanno dimostrato di sapersi spendere con la formazione, lavorando tutto il giorno, anche chi era assunto a tempo parziale. Tanti insegnanti hanno vissuto il doppio ruolo, essendo anche genitori, ed è sembrato con la DAD che la scuola non finisse mai. Questo impegno dimostrato sul campo non è sempre riconosciuto e apprezzato. Chi fa l’insegnante ci mette tanto della propria umanità nel rapporto con i
propri scolari e questo al di là degli inevitabili errori che si possono compiere.
Occorre riportare il giusto rispetto per il mondo scuola, rispetto per chi ci lavora. Investire nella scuola è una priorità, perché prima di diventare lavoratori e contribuire con le proprie capacità e possibilità al bene della società si deve studiare e sapere.
Cambiare si può, basta ascoltare chi vive in prima linea nei vari settori e riempire di contenuti la parola coraggio.