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La pronuncia, il vocalismo tonico e l’uso dell’accento: il “Compendio (minimo) di fonetica e fonologia” per le scuole italiane. Scaricalo gratuitamente

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Nel precedente articolo abbiamo narrato l’importanza di un “Compendio (minimo) di fonetica e fonologia”. Importanza ancora più immediata se si considera che lo stesso è stato reso disponibile, gratuitamente, dal prof. Francesco Mercadante ad uso dei docenti delle scuole italiane. Minimo perché, appunto, indispensabile e di immediata fruizione. Ne parliamo, ancora una volta, con Francesco Mercadante autore del compendio e illustre docente linguista italiano. Francesco Mercadante, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, è professore aggregato di Analisi del Linguaggio presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Gestaltica Integrata (SIPGI, Trapani), Analista del Linguaggio, contributor di Econopoly24, Il Sole 24 Ore, Tech Economy 2030, membro del Digital Transformation Institute, è Analista de Rotas Consulting (Legal Intelligence Firm). È stato consulente del Garante dei Diritti dei Detenuti della Regione Sicilia e docente di Analisi dei Testi presso i Corsi di Laurea in Scienze e Tecniche della Psicologia della Sviluppo e dell’Educazione, Lettere e Filosofia e Ingegneria delle Telecomunicazioni dell’Università degli Studi di Palermo. È Autore di parecchi saggi su Linguaggio ed Economia. Le sue ultime pubblicazioni sono Questo è il mio sangue Romanzo paradossale sulla vita di Yeshùa Christòs (AeB, 2022), Le parole dell’economia. Viaggio etimologico nel lessico economico (Il Sole 24 Ore, 2022), Riferite ciò che avete visto (Amazon, 2021), L’uomo che ha appena smesso di fumare [continuando a fumare] (Amazon, 2021), Grammatica Umoristica e In principio era il debito Il linguaggio dell’economia e della finanza Messaggio, paradosso, spiegazione.

Professore Mercadante, esiste uno schema di pronuncia? Come vengono prodotto i suoni?

«Per facilitare la comprensione dello schema di pronuncia, elaborato secondo la convenzione dell’alfabeto fonetico internazionale, abbiamo inserito degli esempi. Di conseguenza, il lettore trova, al posto di “invito”, la trascrizione [iɱ’vi:to], [‘ɲɔkko] al posto di “gnocco”, [ʤe’la:to] al posto di “gelato”, [‘wɔ:vo] al posto di “uovo” e così via. I due punti servono, nel nostro caso, a indicare la sillaba tonica aperta. Con riguardo al loro modo di articolazione, abbiamo detto, nel caso delle occlusive, che gli organi bloccano per un istante l’aria, prima di consentirne il deflusso e, nel caso delle laterali, che l’aria fluisce ai lati della lingua. Adesso, vediamo cosa accade nelle altre circostanze di emissione delle consonanti. Quando gli organi si avvicinano, senza toccarsi, così da ridurre lo spazio di deflusso e generare un effetto di frizione, i suoni prodotti prendono il nome di fricativi. Se, invece, tra gli organi avviene il contatto, ma questo si muta presto in separazione, allora i suoni diventano affricati. Più facile a intendersi risulta sicuramente il caso delle nasali, giacché l’aria, anziché fluire dalla cavità orale, fluisce da quella nasale. Se la lingua vibra contro un altro organo, per esempio contro la cresta alveolare, allora si produce la /r/, unica polivibrante italiana. Ci resta da chiarire il meccanismo delle semivocali o semiconsonanti, cioè dei suoni approssimanti: come si può vedere nella tabella, abbiamo solamente due approssimanti, /j/ e /w/, che corrispondono o alla /i/ e alla /u/ atone seguite da vocale, come nel caso dei dittonghi ascendenti, o alla /i/ e alla /u/ atone precedute da vocale, come nel caso dei dittonghi discendenti. Le loro condizioni di emissione non sono determinate da un eccessivo restringimento della cavità orale, pertanto, non siamo in presenza di particolari alterazioni del flusso d’aria. D’altronde, la loro realizzazione fonetica è intermedia fra quella di una vocale e quella di una consonante».

Cosa si intende per vocalismo tonico?

«Per quanto riguarda il vocalismo tonico della nostra lingua, ci si può affidare a una rappresentazione grafica molto efficace e sul cui uso sembra unanime la comunità dei fonetisti: il trapezio vocalico, che noi, qui, riportiamo in forma essenziale e che il lettore deve immaginare proprio all’interno della cavità orale. Non è difficile accorgersi di due fatti essenziali: anzitutto, nel grafico, le vocali sono distribuite secondo posizione e altezza; il che implica che siano prodotte allo stesso modo all’interno della cavità orale; in secondo luogo, i grafemi utilizzati sono sette: /a/, /ɛ/ e /ɔ/ sono vocali aperte, mentre /e/, /o/, /i/ e /u/ sono vocali chiuse. Apparentemente, la differenza tra una /e/ aperta e una chiusa può essere considerata irrilevante. Di fatto, nella maggior parte dei casi, il fine comunicativo non viene compromesso da un errore di pronuncia, per carità. Non è così, però, per gli attori, che studiano scrupolosamente la dizione, prima di andare sulla scena. Un attore conosce bene la differenza tra pèsca (frutto) e pésca (attività), accètta (verbo) e accétta (strumento), bòtte (percosse) e bótte (contenitore) et similia. Abbiamo scelto dei termini universalmente noti, tra i più usati dai redattori di manuali e articoli di pertinenza, ma ce ne sono parecchi, come si può immaginare».

Professore, come si producono le vocali?

«A ogni modo, è bene sapere che per produrre alcune vocali, anziché altre, la lingua e le labbra cambiano posizione. Infatti, le vocali possono essere arrotondate o non arrotondate, secondo che le labbra siano, per l’appunto, arrotondate o meno. Si può intuire facilmente, cioè pronunciando le parole, che, per esempio, la /a/ di “albero” non è arrotondata, mentre la /u/ di “muro” lo è. Se, invece, proviamo a pronunciare le vocali con la stessa semplicità con cui ce le facevano ripetere alle scuole elementari, /a/, /e/, /i/ et cetera, ci rendiamo conto che la lingua passa da una posizione di distensione e riposo per la /a/, che, quindi, è bassa, a quella di tensione ed elevazione per la /i/, che, di conseguenza, è alta, attraverso una posizione media per la /e/. Naturalmente, /e/ e /o/ aperte sono da considerarsi medio-basse, mentre /e/ e /o/ chiuse sono da considerarsi medio-alte. In sostanza, l’osservazione del trapezio ci permette non solo di comprenderne l’aspetto dinamico, ma anche di capire se le vocali siano anteriori o posteriori: nessuno farà fatica a notare che la /a/ è media, laddove la /i/ è anteriore e la /u/ è posteriore».

Professore Mercadante, l’utilizzo dell’accento risulta essere molto complesso. Come insegnarlo ai nostri alunni?

«L’ultimo argomento da trattare per dare un valore di compiutezza a questo compendio che è disponibile, gratuitamente, sul mio sito https://www.francescomercadante.it/ è costituito dall’accento. La questione non è semplice, come potrebbe sembrare sulla base dei resoconti che si trovano sulla rete. L’italiano è caratterizzato da un accento dinamico-intensivo mediante il quale siamo soliti dare prominenza uditiva a una sillaba all’interno della parola, ma l’accento, di per sé, ha una struttura fisica complessa e che si compone di intensità, lunghezza e altezza tonale. Qui, faremo di tutto per fornire al lettore le nozioni essenziali in funzione dell’obiettivo di semplificazione annunciato fin dall’inizio, ma ci sia lecito avvertirlo, ancora una volta, che un processo di apprendimento completo impone l’approfondimento. Tutti noi, fin da piccoli, impariamo presto a usare l’accento grafico, in specie quello sulle parole tronche; non siamo altrettanto scrupolosi nel corretto uso del tipo di accento, grave (`) o acuto (´)».

Come usare l’accento grave e come leggere le vocali sulle quali ricade?

«L’accento grave, posto sulla /e/ o sulla /o/ indica che queste sono aperte, mentre l’accento acuto, posto sempre sulla /e/ o sulla /o/, indica che queste sono chiuse. Sulla base della sillaba sulla quale cade l’accento, le parole sono così classificate:

  • tronche o ossitone (accento sull’ultima): città;
  • piane o parossitone (accento sulla penultima): lavóro;
  • sdrucciole o proparossitone (accento sulla terzultima): invisìbile;
  • bisdrucciole (accento sulla quartultima): ridàmmelo;
  • trisdrucciole (accento sulla quintultima): órdinaglielo».

L’accento si scrive sempre?

«È evidente e risaputo che, in fatto di grafia, esiste una norma inviolabile: alcune parole vanno scritte con l’accento: le parole tronche; ventitré, nontiscordardimé; alcuni monosillabi, come ciò, giù, può et similia; la terza persona del verbo dare dà; gli avverbi di luogo là, lì; la congiunzione né; il pronome sé. In alcune circostanze, l’elemento grafico, per quanto non obbligatorio, serve a distinguere, per esempio, un nome comune da un nome astratto, prìncipi da princìpi, o un avverbio da un sostantivo, sùbito da subìto. L’accento, dunque, non è solo un elemento soprasegmentale che possiamo vedere, ma è anche e, soprattutto, qualcosa che sentiamo; il che ci fa capire che l’aspetto prosodico non dovrebbe mai essere confuso con quello tonico».

Professore Mercadante cosa attribuisce un ritmo al discorso?

«Il ritmo di un discorso, infatti, è dato proprio dalla successione di sillabe toniche e sillabe atone, cioè forti e deboli. In precedenza, quando abbiamo indicato la complessità della struttura dell’accento, abbiamo fatto cenno a intensità, lunghezza e altezza tonale; adesso, è un po’ più agevole comprendere che cosa sono. Una sillaba tonica è più forte di una sillaba atona, cioè più intensa, e la sua durata, vale a dire la lunghezza, è superiore a quella di una sillaba atona. Quando, diversamente, si parla di curva melodica, invece, ci si riferisce all’altezza tonale, ovverosia alla frequenza di vibrazione delle corde vocali, che, ancora una volta, per una sillaba tonica è superiore che per una sillaba atona. Come si può notare, in modo sbrigativo, si potrebbe distinguere un accento grafico da un accento tonico e riassumere l’intera questione in due grandi insiemi, come accade spesso, ma, così facendo, in pratica, la resa del sistema vocalico sarebbe parziale e un po’ lontana dalla nostra lingua».

Compendio (minimo) per i lettori di orizzonte scuola

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