La privacy non protegge gli studenti che insultano i docenti sul web. La decisione del Garante della privacy
Il diritto alla privacy non può essere utilizzato come scudo per proteggere studenti che insultano e minacciano i propri insegnanti sui social media. Questa la decisione del Garante della privacy, che con il provvedimento n. 620/2023 ha respinto il reclamo di uno studente contro una testata giornalistica.
La vicenda risale a cinque anni fa, quando lo studente, all’epoca minorenne, aveva pubblicato sui social insulti e minacce nei confronti dei suoi insegnanti. La scuola aveva denunciato l’accaduto, avviando un procedimento penale. La testata giornalistica aveva pubblicato un articolo sulla vicenda, identificando lo studente con nome e cognome, subito dopo la conclusione del procedimento penale.
Lo studente, ormai maggiorenne, ha presentato reclamo al Garante della privacy, sostenendo che la pubblicazione dell’articolo violasse il suo diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali. Il Garante ha però respinto il reclamo, affermando che il diritto di cronaca e il diritto del pubblico a essere informato prevalgono in questo caso sul diritto alla privacy.
La decisione del Garante
Il Garante ha respinto il reclamo dello studente, sostenendo che:
- L’interesse pubblico: La vicenda era di interesse generale, poiché riguardava il comportamento degli studenti, il rapporto tra insegnanti e alunni e l’uso improprio dei social media. L’articolo poteva anche avere un ruolo preventivo, scoraggiando comportamenti simili in futuro.
- Il diritto di cronaca: L’articolo era completo, corretto e contenuto sul piano formale. Il nome dello studente era necessario per fornire un quadro completo dell’accaduto.
- Il tempo trascorso: L’articolo era stato pubblicato subito dopo la sentenza del tribunale, il che lo rendeva ancora attuale.
La decisione del Garante sottolinea l’importanza dell’interesse pubblico nel bilanciamento tra privacy e libertà di stampa. Nel caso specifico, il diritto del pubblico a essere informato su una questione di interesse generale ha prevalso sul diritto alla privacy dello studente.